28 miliardi di euro, l’1,5% del Pil. A tanto ammonterebbe ciò che l’economia italiana ha perso per l’incapacità di trovare manodopera adeguata. “Incapacità”, anche se i donatori di lavoro e di magro salario parlano di “impossibilità”. E insistono a chiedersi le ragioni di questa difficoltà di incrociare domanda e offerta di lavoro. Anche se è sufficiente leggere le cifre che loro stessi forniscono per comprendere le ragioni di questa situazione. Unite alle cifre ufficiali fornite dal governo e dai vari organismi.
Il primo dato è quello del record di occupati a fronte della crescita zero del PIL. Significa, semplicemente, lavoro povero, sempre più povero. In caso contrario nuovi occupati farebbero crescere il Pil italiano. Ma i lamentosi sorvolano su questo aspetto.
Mentre, tra le cause delle difficoltà del mercato del lavoro indicano l’invecchiamento degli occupati. Verissimo. Tra il 2012 e il 2022 gli occupati anziani, con più di 50 anni, sono aumentati di quasi tre milioni, passando dai 6,3 milioni del 2012 ai 9 milioni del 2022. L’incremento è stato del 42,4%, e oggi la classe d’età over 50 rappresenta una quota pari al 39% sul totale dell’occupazione (era il 28,4% nel 2012). Sempre nel 2022 risultavano ancora occupati 687mila individui con un’età uguale o superiore ai 65 anni. Tra il 2012 e il 2022 la componente più anziana è, di fatto, cresciuta del 72,2%. Qualcuno dei donatori di lavoro e di lamentele ha chiesto ai dipendenti se preferiscono restare in azienda o se vorrebbero andarsene in pensione con un assegno mensile decente? In Italia si alza l’età per la pensione e poi ci si lamenta perché i lavoratori sono anziani. Far pace con il cervello è pretendere troppo..
Una delle conseguenze della genialata Fornero, confermata dai suoi emuli, è la riduzione degli occupati più giovani. Tra il 2012 e il 2022 i 15-34enni occupati si riducono, in termini assoluti, di 361mila unità. In termini relativi la variazione negativa è di 6,5%. La quota dei giovani fra gli occupati passa dal 25,1% del 2012 al 22,6%. Ma è anche vero che la denatalità riduce la platea disponibile dei giovani. A cui si aggiunge la fuga di 150mila giovani ogni anno, attratti da lavori meglio retribuiti appena superato il confine.
La dimostrazione che l’incapacità di trovare manodopera adeguata è legata alla gestione aziendale arriva da un altro dato fornito dall’indagine di Confcooperative. Nel 2022 i lavoratori dipendenti che si sono dimessi sono stati 1.047.000. Di questi circa 700.000 (sette su dieci) si sono ricollocati nel giro di tre mesi. Nel 2019 le dimissioni volontarie interessavano poco più di 810.000 lavoratori.
Dunque aumenta l’insoddisfazione per il riconoscimento del proprio lavoro e si sceglie di trovare un’occupazione migliore e più retribuita. Però gli imprenditori italiani fingono di non capirlo e insistono sulla necessità di aumentare il numero dei migranti, a prescindere dalla competenza dei nuovi arrivati. Un confronto, sul tema, si svolgerà sabato 11 novembre a Pergine Valsugana, organizzato dalla Fondazione Nodo di Gordio.