Ha un confine il mondo?
La domanda può apparire, a tutta prima, assurda. Stupida. E la risposta, di converso, scontata. Certo che ha un confine. Tutto ha un confine. Un limite…
E qui potrei chiudere il pezzo. E andare a bermi una birra. Anche se il direttore troverebbe, sicuramente, da ridire… “Voglia di lavorare saltami addosso, eh?”. Potrei, però, tacitarlo, dicendo che la sintesi è un dono. C’è chi ce l’ha. E chi no…
Punto.
Fuori, però, piove. E tira un fastidioso vento di scirocco. Non ho voglia alcuna di uscire. E allora…è il momento buono per, pipa in bocca, lasciarsi andare ai pensieri oziosi. Di un ozioso, per citare un, delizioso, libretto di Jerome K. Jerome. Che, per inciso, proprio alla sua Vecchia Pipa era dedicato…
Dunque, vediamo… Pascoli, in Alexandros, descrive il Macedone che, mentre cavalca alla testa delle sue truppe, rimpiange che il mondo abbia un limite. E vagheggia un altro modo sul quale sfogare la sua, febbrile, brama di conquista. È la ripresa di un tema che viene dai Romanzi di Alessandro, di età ellenistico-romana.
Tuttavia, il poeta lo declina in modo, sottilmente, diverso.
L’inquietudine del condottiero diventa paradigma di quella che travaglia l’uomo. E, di fatto, si traduce nella domanda: perché il mondo è limitato, se il mio desiderio non conosce limiti?
Sembra una domanda…nicciana. Perché, in fondo, l’Alessandro pascoliano anela non ad un altro mondo da conquistare, ma ad andare oltre i limiti dell’umano. Che sono, poi, i suoi limiti. I confini della sua percezione del mondo.
E qui torna fuori, inevitabilmente, Schopenhauer. Sempre lui. Che dice che i confini del mondo, altro non sono che i confini della nostra percezione. Concetto solo in apparenza facile. Tanto che ben pochi ne hanno, ancor oggi, compreso appieno la, devastante, portata. Tra questi pochi, Pirandello. Il professore Anselmo Paleari che descrive il mondo come una stanza buia. E noi ci aggiriamo in questa con un lanternino sulla fronte. Che emana un, fioco e incerto, alone di luce. Solo questo siamo in grado di vedere. E questa crediamo essere tutta la realtà. Tutto il mondo.
Poi, certo, vi è una sorta di minimo Comun denominatore. L’illusione condivisa dai più. Quella percezione che ci viene instillata dalla società che ci circonda. Sempre meno dalla, cosiddetta, istruzione. Sempre più dai Media. Che sono, oggi, il Grande Incantesimo. La Morgana per eccellenza. Capace di sostituire e ottundere ogni percezione individuale. Persuadendoci che il mondo è, solo ed esclusivamente, quello che ci fanno vedere attraverso schermi e video. Che non vi è altro. Nessuna possibilità di andare…oltre.
Mi chiedo cosa direbbe, oggi, Schopenhauer, cosa direbbe Pirandello davanti alla, dominante, narrazione sulla pandemia. O a quella sulla guerra.
Non riesco a immaginare le loro parole, ma di una cosa sono certo. Vi troverebbero la conferma, la prova provata, delle loro tesi.
Dal nostro mondo è stato eliminato, abraso, il mistero. Non vi è più nulla da scoprire. Non nuove terre. Non nuovi popoli. Non nuove culture. L’era delle, cosiddette, scoperte geografiche si è chiusa con la certezza che non vi è, ormai, più nulla da scoprire. Per un po’ ci si è baloccati col sogno dei viaggi spaziali. Star Trek. Ma anche quello è, di fatto, ormai tramontato. È rimasta solo questa realtà limitata. I confini in cui ci siamo rinchiusi. O meglio, in cui ci siamo fatti rinchiudere. L’Alessandro di Pascoli sarebbe giunto ai limiti della disperazione.
In momenti come questo, mi sembra di capire i “terrapiattisti”. Irrazionali, eccentrici, forse anche folli. Ma, in fondo, rifiutare che il Mondo abbia la forma che ci viene imposta, è un modo, probabilmente inconscio, di rifiutarne i limiti. Del mondo stesso e, soprattutto, della nostra percezione.
Il problema di don Chisciotte davanti ai Mulini della Mancha. Sancho, che è l’uomo comune, quello di buon senso, quello che oggi girerebbe con due mascherine e organizzerebbe raccolte pro Ucraina, senza porsi mai un dubbio su ciò che gli viene raccontato, dice:
Cavaliere, sono mulini a vento. Non giganti.
Ed ha ragione. Tutti vedono solo i mulini a vento.
Ma don Chisciotte risponde:
Vedi Sancho, nella vita bisogna avere il coraggio di fare una scelta. O si crede, come tutti, che questi altro non sono che mulini, e allora si torna ad una esistenza piatta, priva di sogni, passioni, slanci. Ad una esistenza priva di senso. Inutile attesa della inevitabile fine, che ci terrorizza. Oppure si decide che questi sono Giganti. Perché noi li vediamo così. E non importa di sembrare pazzi.
Come dite? Questo dialogo non vi è in Cervantes? Vero. Ma vi è, più o meno, nella “Vita di don Chisciotte” di Unamumo. Un altro energumeno che non accettava i limiti del mondo. Un altro dei miei, personali, maestri del sospetto. E compagni delle solitudini.
Vabbè…come dicevo, pensieri oziosi di un ozioso. In una, uggiosa, giornata di pioggia. Di un Maggio che sembra, piuttosto, Ottobre. E in fondo…anche il tempo e le stagioni non sono altro che confini dettati dalla nostra percezione soggettiva.