La disastrosa gestione della lotta al Covid ha portato ad una nuova offensiva dei nemici delle autonomie. In particolar modo dei nemici delle Regioni. Indubbiamente diventa difficile giustificare l’inefficienza di Fontana, le oscillazioni di Zingaretti, le follie di De Luca. Tutto, tragicamente, vero. Però i centralisti fingono di dimenticare che al di sopra di tutto e tutti c’erano – e ci sono purtroppo tutt’ora – Speranza ed i suoi esperti a gettone.

Sono loro, insieme all’Unione europea, i colpevoli nei ritardi dell’arrivo dei vaccini. Sono loro che impediscono l’utilizzo dello Sputnik che a San Marino funziona benissimo. Sono loro che hanno inventato l’idiozia delle zone colorate.
Ma il problema, evidentemente, va al di là del Covid. C’è il tentativo di cancellare ogni forma di autonomia per ridare tutto il potere ad un centro che dimostra ogni giorno la propria inefficienza. Già, ma è la stessa inefficienza dei governi regionali, solo che si moltiplicano i centri di spesa, gli apparati costosi, gli sprechi. Anche in questo caso è tutto vero.
Ciò significa che il problema non è la regionalizzazione bensì il reclutamento della classe politica. Perché non è importante se Speranza, Gualtieri, De Luca, Fontana siano impegnati a far danni a Roma o sul territorio. Ciò che conta è che fanno danni.
Ma, se i danni sono provocati da assessori regionali, esiste perlomeno la possibilità di un rapporto ravvicinato con gli elettori. Il secondo governo Conte ha invece palesemente dimostrato che la provenienza geografica dei ministri e dei sottosegretari incide pesantemente sulle scelte dell’esecutivo. In altri termini un ritorno al centralismo porterebbe a strategie che penalizzano il turismo delle aree non rappresentate nella squadra dei ministri, ad un sostegno ad un particolare tipo di agricoltura, ad incentivi per le industrie in alcune aree e non in altre. E così via.

Il clientelismo nelle assunzioni di figure professionali totalmente inutili è iniziato ben prima del regionalismo. Le pensioni di invalidità regalate a chi non ne ha diritto non sono una conseguenza del regionalismo. Mentre è evidente che un potere regionale separato dalle conseguenze delle scelte sbagliate non può più essere tollerato. La Regione X vuole assumere impiegati pubblici anche se non servono? Liberissima di farlo, ma con risorse proprie. Il presidente della Regione Y vuole regalare soldi agli operatori turistici che lo sostengono? Può farlo, ma poi dovrà spiegare perché taglia i fondi alla sagra del peperone o ad un progetto culturale.

Non si può più accettare che un sindaco di un piccolo comune, per giustificare la propria vacanza alle Maldive a spese dei contribuenti, piazzi un manifesto in italiano nell’aeroporto di Malè per invitare a visitare il paesino privo di alberghi ed attrattive turistiche. Ma non si può neppure tornare ad una politica turistica centralizzata che favorisca solo il territorio di provenienza del ministro.
Dunque si torna, inevitabilmente, al reclutamento del personale politico. Che non può migliorare sino a quando non si sgretolano i cerchi magici intorno ai leader, i circoli riservati agli amici degli amici, le corti rinascimentali prive di artisti ma ricche di approfittatori. Non può migliorare sino a quando si decidono le nomine sulla base del genere e non della qualità delle persone. Una promozione della Serracchiani è un insulto a tutte le donne prima ancora che al buon senso.

Ma gli esempi valgono per tutti i partiti ed in ogni realtà territoriale. Il governo degli Incapaci non era solo quello del lìder minimo. Viene replicato in ogni angolo del Paese, ad ogni livello. Si tratta solo di capire se siano più pericolosi gli Incapaci concentrati a Roma o sparpagliati sul territorio.