“I fascisti invecchiano”. Una raccolta di prose, racconti ed altro, che Vitaliano Brancati pubblicò in volume solo nel 1946 ma che raccoglieva pezzi vergati negli anni precedenti e, almeno in parte, usciti su riviste. Soprattutto rifletteva le osservazioni di Brancati sul declino e la fine del Regime. Cui sarebbero seguite quelle sul dopo fascismo, o meglio sull’anti-fascismo senza più fascismo, che finiranno nel “Diario romano” del ’61.
Osservazioni caustiche. Disincantate e amare. Come era lo scrittore siciliano, erede di una lunga tradizione di narratori, da Verga a Pirandello. Dal primo aveva imparato a guardare alla realtà con occhio freddo. Senza illusioni di sorta. Dal secondo, soprattutto, l’ironia e l’umorismo che permettono di indagare le profondità della psiche umana.
Un retaggio, però, interpretato in modo originalissimo. Con una sorta di…leggerezza. Il disincanto tutto sommato allegro, da Dandy fuori tempo, che traspare nelle foto dello scrittore. Nel suo sguardo da arabo, e nella piega, vagamente molle, delle labbra
Brancati era stato fascista. Come la gran parte degli intellettuali italiani. Anzi, dovette molto ad una rivista letteraria “Quadrante”, che fu palestra di molti scrittori esordienti degli anni del regime. Rivista aperta, brillante, sperimentale. Ma il direttore era Telesio Interlandi. E “Quadrante” il supplemento letterario de “Il Tevere”. Il quotidiano del Fascismo intransigente. Interlandi, poi, fu figura intellettuale complessa. Che ha subito una vera damnatio memoriae, perché uno dei più accesi sostenitori del razzismo. Ma chi volesse approfondirne la controversa figura, recuperi un vecchio libro di Giampiero Mughini ( già, proprio lui, che, quando vuole, ha una penna straordinaria): “A via della Mercede c’era un razzista”. Libro nato da uno spunto di Sciascia, che per il conterraneo Interlandi aveva sempre manifestato un interesse scevro da pregiudizi.
Comunque , Brancati fascista lo era stato. Dapprima entusiasta, poi via via sempre più deluso. E scettico. Uno scetticismo che gli impedirà di diventare, quando gli sarebbe convenuto, antifascista acceso e militante. Avrebbe potuto far sua la battuta, acre, di Longanesi: il Fascismo ha creato l’anti-fascismo a sua immagine e somiglianza.
Disse, invece, una cosa più articolata. E profonda. Che il Fascismo prima era diventato un Luogo Comune, che aveva dato l’illusione di un Regime amato e condiviso. Poi si era trovato contro il Luogo Comune. Ed era stato, di fatto, dannato nella memoria ben al di là di ogni valutazione storica.
Sono parole mie, con cui cerco di fare sintesi di un discorso ben più articolato. Ma la sostanza è questa.
Il Luogo Comune ha un potere micidiale. Persuade, la persuasione più pericolosa. Quella di essere nel giusto sempre e comunque, perché si è dalla parte della maggioranza. E che rende ciechi sulla realtà. Non solo di ciò che avviene al di fuori, ma anche, anzi soprattutto, di quanto accade in noi. Del nostro cambiare seguendo il vento. Della nostra ignavia, direbbe Dante. Che mascheriamo con bei ragionamenti. Perle di saggezza. Moralismo. Semplicemente perché non vogliamo riconoscere che questo seguire la vulgata dominante è solo due cose : paura di restare isolati, e convenienza.
Brancati è caustico. Corrosivo. Ci fa vedere la natura dell’uomo e, soprattutto, quella dell’italiano senza alcun velo di ipocrisia. È la storia di come l’Italia fascista un bel giorno si svegliò antifascista. “Bologna era la città fascistissima… poi all’improvviso siamo restati in due. Io e mio cognato – mi disse, molti anni fa, un vecchio ufficiale delle Camicie Nere reduce dalla Russia – Era colpa nostra. Avevamo rovinato l’Italia in due…”
Storia vera. Ma potrebbe essere uscita dalla penna di Brancati. Perché questa sudditanza al luogo comune è una costante, che va ben al di là dello snodo storico di questi scritti.
Sono invecchiati i fascisti. E poi i comunisti, diventati socialdemocratici prima. Poi liberali e, soprattutto, difensori dei privilegi di élite economiche snob e scollegate dal popolo. E sono invecchiati anche i neofascisti, i giovani ribelli e, a loro modo, romantici degli anni ’70. Quelli che non avevano accettato il luogo comune del’ 68 con annessi e connessi. Che, in fondo, si erano opposti alla corrente dominante, a quella che, gli altri, chiamano Storia. Ma che è solo la narrazione prevalente. Il luogo comune del momento.
Ma sono invecchiati anche loro.
Raccontano che Julius Evola guardasse con ironia i giovani aspiranti Uomini tra le rovine che lo chiamavano Maestro. E che dicesse: “Vi aspetto alla soglia dei trent’anni…”
Non saranno trenta, perché ormai la vita si è allungata molto. Ma il concetto è lo stesso. Prima o poi si invecchia, e allora devi misurare davvero te stesso.
Già, in fondo Evola era anche lui siciliano. Come Brancati. Come Verga e Pirandello …gente scettica. Poco inclini ai luoghi comuni.
1 commento
Nel dopo guerra tutti sono diventati antifascisti.
In pochi anni il Fascismo è divento fuori moda, tutti lo criticano e sono diventati avversari calunniosi di tale periodo statico.
Se realmente si conoscesse bene la storia, il Fascismo andrebbe completamente rivalutato, perché nel volgere di venti anni ha fatto diventare l’Italia una nazione grande tra le prime potenze industriali nel mondo.
Gli uomini politici di sinistra, che adesso fanno gli antifascisti, da quando sono al potere non sono stati capaci di realizzare nulla di valido.
Questi politici di sinistra, totalmente ignoranti ed incompetenti, hanno distrutto, dal 1970 in poi tutta l’economia Italiana e quindi siamo diventati lo zimbello del mondo.
Hanno costretto a spostare delocalizzando tutte le più importanti industri manifatturiere Italiane a causa delle eccessive tasse e troppi vincoli burocratici .
Adesso abbiamo partiti come PD e 5 STELLE composti unicamente da fanfaroni incapaci, vedi Enrico Letta che per presentarsi come candidato omette il simbolo del partito che dirige !!!