“Nell’area Rivoli-Grugliasco-Collegno 20mila cittadini rischiano di ritrovarsi senza medico di famiglia. A Torino sono quasi 100mila a rischiare, ma il problema è nazionale. Se la politica non si muove immediatamente, la medicina territoriale è finita”. Non siamo alle solite lamentele di qualche paziente che si è stancato di restare in coda per ore prima di ottenere una visita da quello che, un tempo, era semplicemente il “medico della mutua”. Questa volta a lanciare l’allarme è Mauro Grosso Ciponte, medico di famiglia e presidente di Snami, il sindacato di categoria.
“La situazione odierna – prosegue – è l’inevitabile conseguenza di una strategia politica che ha ignorato realtà e prospettive. L’Oms già 15/20 anni fa aveva messo in guardia l’Italia, prevedendo che si sarebbe arrivati in questi anni ad una carenza del 30% dei medici di famiglia. Ma nei prossimi anni andrà anche peggio”.
I disastrosi errori di programmazione partono con il numero chiuso a Medicina. E non per l’idea degli accessi limitati, ma perché i numeri sono stati clamorosamente sbagliati. E si è proseguito con il numero esiguo dei posti a disposizione per la specialità in Medicina Generale. Così, man mano che i medici più anziani andavano in pensione, erano molto meno numerosi i giovani specializzati che prendevano il loro posto.
“Tutto questo – precisa Grosso Ciponte – non perché i medici volessero una minore concorrenza, ma solo per le assurde decisioni della politica”. E l’innalzamento a 1.800 pazienti del numero massimo per ogni medico di famiglia, per Grosso Ciponte rappresenta una follia. Perché significa peggiorare la vita dei medici e la possibilità di seguire adeguatamente i cittadini. Salvo poi ritrovarsi i politici che vanno in tv a sostenere il ruolo fondamentale della Medicina territoriale. Tanto non sono le parole in libertà di qualche ministro o sottosegretario a garantire la salute dei sudditi.