Annalena Baerbock. Per ora solo gli addetti ai lavori conoscono il suo nome, ma da settembre potrebbe diventare estremamente popolare non solo in Germania, dove è stata chiamata a guidare i Grünen – un movimento molto diverso dai tristi Verdi italiani – ma in tutto il mondo. Perché gli ambientalisti tedeschi hanno il vento nelle vele ed i sondaggi li vedono davanti a Cdu/Csu per le elezioni che metteranno fine alla lunga cancelleria di Angela Merkel.

Baerbock si è dimostrata, sino ad ora, estremamente pragmatica. I Verdi governano in 8 Lander, con maggioranze differenti. Nessuna pregiudiziale al di là dell’ovvio impegno a favore dell’ambiente. Ma è altrettanto interessante l’atteggiamento degli altri partiti che non pongono assurdi ostacoli verso le iniziative ecologiche. E non è soltanto un compromesso per garantirsi comunque delle poltrone: non ci sono i Crimi, i Conte e la compagnia dei 5(mila) poltrone.
Dunque, in caso di successo, la leader dei Grünen potrà trattare sia con Cdu/Csu e liberali, sia con Spd. Mettendo in primo piano un’agenda ambientale che non è propriamente acqua fresca. Perché l’uscita dal nucleare – storico cavallo di battaglia dei Verdi – diventa quasi irrilevante di fronte ad un programma che va all’assalto dei combustibili fossili, degli allevamenti intensivi. Un programma che impone un radicale cambiamento nel sistema dei trasporti, nella tassazione di chi produce CO2. Ma che, a differenza dei gretini italici, offre anche soluzioni. Perché – spiega Gennaro Malgieri su Formiche – Baerbock ha un curriculum di tutto rispetto ed ha rimesso al centro della sua politica quella meritocrazia che la stagione “verderossa” aveva cancellato. L’uno vale uno è stato dimenticato e si possono immaginare cambiamenti radicali ma sostenibili.
Cambiamenti che, per i Verdi tedeschi, devono coinvolgere l’intera Europa poiché l’ambiente non si tutela con interventi limitati a pochi territori. E, nella loro visione, il cambiamento deve andare anche al di là dell’ecologia. Costruire una nuova Europa che sia indipendente da Russia, Cina, Stati Uniti. Via le basi americane e nessuna ingerenza di Mosca, nessuna concessione all’espansionismo di Pechino.

Più complicato conciliare il recupero dell’Heimat, del sentimento di amore per le piccole patrie e del legame con la propria terra natia, con le aperture immigrazioniste. Perlomeno si impegnano a suddividere i nuovi arrivati in tutta Europa. Proposta che non piacerà a destra così come le piccole patrie faranno indignare i gauchisti, a partire da quelli italiani.
Si tratta, comunque, del programma di un singolo partito che, per governare, dovrà trovare una sintesi con gli eventuali alleati poiché non potrà ottenere i numeri per guidare da solo la Germania. E, in ogni caso, l’Europa dovrà prepararsi a molti cambiamenti con il prossimo governo che si insedierà a Berlino.