Alcuni imprenditori denunciano di non riuscire ad assumere lavoratori stagionali, mettendo nel mirino il Reddito di Cittadinanza. Eppure il Movimento 5 Stelle lo ha voluto, la Lega lo ha firmato e il Partito Democratico lo ha “confermato”.
Ma è davvero colpa del Reddito di Cittadinanza se non si trovano lavoratori in ambito stagionale?
Si prospetta sempre di più la mancanza di figure in grado di coprire la richiesta di lavoro estiva. Niente camerieri, bagnini e cuochi nelle principali località balneari italiane e i gestori non hanno dubbi in merito ai responsabili.
Secondo tante imprese turistiche molti giovani del sud, che l’anno scorso avevano fatto la stagione in alcuni alberghi italiani, quest’anno non sono voluti tornare perché stavano percependo il Reddito di Cittadinanza e qualora accettassero il lavoro perderebbero l’assegno da oltre 700 euro che a loro basta per vivere. Piuttosto c’è la volontà di non accettare più la frequente irregolarità nel settore, il diffondersi del sistema di applicazione di ‘contratti pirata’ come prassi. Il ricorso al ‘lavoro in appalto’ con l’utilizzo di personale non assunto direttamente dall’imprenditore ma fornito da terzi ed ulteriormente sottopagato (pratica questa che sottolinea continue illegalità ).
Sicuramente c’è chi accetta un lavoro in nero pur di non perdere il Reddito di Cittadinanza. A puntualizzare la situazione è intervenuto il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, con una singolare visione del problema: “Se tu mi dai 700 euro al mese e faccio un doppio lavoro, non ho interesse ad alzarmi la mattina alle 6 per andare a lavorare in un’industria di trasformazione agricola. È uno dei risultati paradossali dell’introduzione del reddito di cittadinanza”.
Sono stati in parecchi, tra albergatori e gestori di stabilimenti, a denunciare la situazione. Qualche anno fa Luigi Di Maio annunciò “aboliremo la povertà” ma purtroppo, come sempre accade in Italia, c’è stato un susseguirsi di anomalie e imbrogli. Un danno per l’economia del nostro Paese.
La replica dei lavoratori di ristorazione e turismo al video, diventato virale su Facebook, del presidente della Campania Vincenzo De Luca, non tarda ad arrivare: “Il reddito di cittadinanza non c’entra, se i datori di lavoro pagassero in modo giusto il proprio personale non si troverebbero in questa situazione”.
Il sindacato denuncia orari da sfruttamento e poche tutele. La narrazione che spesso è preponderante sui media non racconta tutta la verità. Si discute su paghe da fame che talvolta partono “da un minimo di 500 euro” e di orari di lavoro mai rispettati. Le 40 ore settimanali sono solo sulla carta. “In pratica si lavora sette giorni su sette, anche per 70-80 ore a settimana”.
Sui social si moltiplicano le testimonianze di proposte di lavoro a condizioni al limite dello sfruttamento.
Che il problema dei salari sia un problema reale, lo ammette anche l’Inps nel suo rapporto annuale sul mondo del lavoro: l’introduzione di un salario minimo avvantaggerebbe proprio gli stagionali, oltre a generare un “effetto positivo in termini di entrate fiscali derivante dall’emersione del lavoro nero e dal caporalato”. Una platea di lavoratori in nero che rappresenta circa tre milioni di italiani, ampiamente concentrata nel sud del Paese.
Forse le cause del problema di lavoratori stagionali non sono da attribuire esclusivamente al Reddito di Cittadinanza, ma alla diffusa irregolarità del settore, a un personale sottopagato, a un sistema che difficilmente cambierà.