Che cosa c’è di strano in un maiale? Niente, in apparenza. Nessuno si stupirebbe di vederne uno grufolare nei pressi di una fattoria.
Ma se all’improvviso ne vedessimo uno scorrazzare indisturbato nel bel centro di una città, poniamo Bruxelles, la cosa ci potrebbe sorprendere e addirittura sconvolgere, tanto che intorno ad esso potrebbe persino scatenarsi una psicosi collettiva.
Ed è proprio da un fatto del genere che prende le mosse il romanzo di Robert Menasse “La Capitale” pubblicato nel mese di agosto dall’editore Sellerio di Palermo (16€).
L’autore, nato a Vienna nel 1954, si occupa di questioni legate all’Europa e all’Unione Europea, e nel 2012 è stato ospite della Commissione Europea in qualità di osservatore.
È pertanto con cognizione di causa che Menasse ci racconta, in chiave romanzata, di quanto succede all’interno e nei paraggi dei palazzi della Commissione UE.
Non si parla dei politici ma di tutta una serie di funzionari provenienti da diversi paesi che si trovano ad interagire tra di loro. Questa scelta stilistica, quella cioè di affidarsi non ad un protagonista unico ma di raccontare le vicende di personaggi diversi, rende la narrazione un po’ difficile da seguire. Un problema che si supera facilmente, perché l’autore è abile a reggere la narrazione e a renderla avvincente.
Ed è il modo per presentare, per non dire “denunciare”, la pressoché assoluta inutilità di quanto svolge una pletora infinita di funzionari impegnati più a garantire la propria esistenza che a produrre lavori utili per i cittadini europei.
Per esempio un ufficio si spende per la realizzazione del Jubilee Project, per celebrare il cinquantenario della fondazione della Commissione Europea, mentre un altro si prodiga per farlo fallire.
Ma oltre ai protagonisti di queste controversie inconcludenti, sullo sfondo si muovono altri personaggi: un sopravvissuto ai lager nazisti, un commissario di polizia che indaga su un misterioso omicidio, un ex seminarista tramutato in killer spietato, un illustre economista invitato a un costosissimo quanto inutile think tank, un commerciante di maiali, ed altri ancora.
Già, i maiali… Perché il porcellino di cui si parla nel prologo, di tanto in tanto ricompare e diventa a sua volta un personaggio della vicenda.
L’intera vicenda è ampiamente spruzzata di politicamente corretto in chiave antifascista. Il che permette all’autore di essere ferocemente critico nei confronti delle istituzioni europee senza essere automaticamente arruolato nelle file sovraniste. La qual cosa gli ha permesso di vincere, nel 2017, proprio con questo romanzo, il prestigioso Deutscher Buchpreis, il più importante premio letterario per gli scrittori in lingua tedesca.
Nonostante ciò il libro è decisamente godibile, istruttivo e persino divertente.