“Una scoperta che permetterà di riscrivere la storia”. Un tantino eccessiva la dichiarazione che ha accompagnato il ritrovamento di un gruppo di statue e di oggetti etruschi e romani a San Casciano dei Bagni, nel Senese. In realtà si spera che serva almeno a far rileggere la storia a buona parte dei giornalisti che si sono occupati della vicenda. Perché, in genere, a raccontare i ritrovamenti archeologici sono giornalisti esperti del settore. E se proprio non ci sono esperti, si dovrebbe avere almeno il buongusto e l’umiltà di chiedere lumi a chi si occupa degli scavi.
Invece no. I primi servizi giornalistici, scritti e televisivi, sono stati degni di “Scherzi a parte” o di “La pupa e il secchione”. Perché le statue ritrovate sarebbero risalite ad oltre 2mila anni orsono. E del gruppo avrebbero fatto parte numerose statue di imperatori. Nessuno, nelle redazioni, che abbia fatto notare come, più di duemila anni orsono, nella migliore delle ipotesi si poteva contare un unico imperatore, Ottaviano Augusto. Ma dal momento che, nella foga, si è arrivati a spiegare che le statue risalivano al 300 avanti Cristo, anche l’ipotesi di Augusto andava a cadere. Come il voto in Storia dei grandi divulgatori prestati al giornalismo.
Poi, per fortuna, qualcuno deve essersi accorto dell’ormai immancabile pessima figura dell’informazione italiana. Si è corsi ai ripari, spiegando che il sito era rimasto in funzione anche nei secoli successivi e questo spiegava la presenza di statue degli imperatori.
In fondo, però, gli errori relativi a San Casciano possono rappresentare un segnale incoraggiante per il giornalismo italiano. Perché è evidente che si tratta di errori dovuti alla crassa ignoranza, non alla intollerabile faziosità. E questo, per gli ottimisti, potrebbe spiegare la serie di assurdità storiche propinate in ogni momento dell’anno a proposito di episodi più recenti. È la risposta all’immancabile quesito: ci sei o ci fai? Contrariamente a Jessica Rabbit, non li disegnano così, sono davvero ciucci.