Sono tornato proprio ieri da quella terra umida e meravigliosa dove gli uomini girano in gonnella, nei cessi mancano bidet e scopini, e la birra costa meno dell’acqua minerale: dovevo dare un’occhiata a come stanno celebrando il centenario della Grande Guerra e fare qualche confronto con la nostra miseria corrente
Per questo, ho giracchiato per musei e sacrari scozzesi: dal War Museum di Edimburgo a quello degli Argyll di Stirling: incredibilmente, l’Italia, perlomeno in questo campo, vince tre a zero.
Raccolte raffazzonate e di scarso interesse storico, aldilà di quello del colore locale, scarsissimi riferimenti diretti al centenario e strutture espositive tematiche, secondo la moda francese, vecchie di trent’anni.
Insomma, mi aspettavo che, in un Paese dalla fortissima identità storica ed amante della tradizione, come la Scozia, si lavorasse in modo assai diverso. Per quanto, poi, riguarda i sacrari, è bene dire che nel Regno Unito non si trovano grandi sacrari cimiteriali come da noi: le tombe, per solito, sono rimaste nei colossali cimiteri di guerra in Francia o in Belgio, e sull’isola ci sono soltanto monumenti celebrativi: ciò nonostante, non si vede una corona di fiori recente, nemmeno uno degli 840.000 poppies piantati nel 2014 è sopravvissuto fino al 2018.
Insomma, lo spettacolo è un tantino deprimente, e le uniche cornamuse che azzardino “Scotland the Brave” sono quelle dei figuranti che fanno le foto coi turisti sul Royal Mile, per qualche monetina. Non che in Italia si siano viste clamorose manifestazioni celebrative: i nostri governi di evirati cioccolatai preferiscono guardare altrove, per le loro giubilanti attività. Il travestito multicolore o il nigeriano sembrano contare assai più, agli occhi di chi dovrebbe rappresentarci in Parlamento, del fante del Carso e del Piave.
Ma tant’è: questa è l’Italia di oggi e con questa dobbiamo ballare. Però, noi, perlomeno, i musei ce li abbiamo, eccome! Poco importa che i visitatori siano pochini, rispetto alla sagra del cicciolo o alla vendita dell’ultimo Iphone: le basi sono solide e, quando sarà il momento, saremo pronti a ritrovare la nostra memoria.
Ma voi, cari lettori, visitateli questi musei benedetti: sono bellissimi, hanno collezioni formidabili e rarità incredibili. Non solo i due gioielli dedicati specialmente alla prima guerra mondiale: il sontuoso museo di Rovereto e quello del castello di Gorizia, ma anche altre sedi museali di eccezionale valore, come i tanti musei del Risorgimento, a partire dal più grande, quello di Torino, riaperto nel 2011, quello di Milano, quello del Vittoriano a Roma.
E anche in città minori esistono musei bellissimi e poco noti: da Bologna a Genova, e da Bergamo a Brescia. Non fate come gli scozzesi, che non si fanno il bidet e si dimenticano dei loro caduti sulla Somme e a Loos: se per un fine settimana andrete a visitare un museo come quelli che vi ho indicato, farete un piacere a voi stessi, perché scoprirete il fascino della storia materiale, e dimostrerete un filo di gratitudine per quei nostri padri senza i quali la parola “Patria” non avrebbe senso compiuto.