L’aggressione contro i barbari, o se si preferisce la difesa dei Sacri Principi e del pensiero unico obbligatorio, non sembra giovare più di tanto ai giornali italiani. Che non frenano l’emorragia di copie a dimostrazione dell’ormai generale disgusto per una informazione di infima qualità e di immensa faziosità. I dati Ads relativi alla diffusione di copie cartacee più copie digitali sono espliciti.
Ad aprile il Corriere della Sera è sceso al di sotto delle 300mila copie quotidiane, perdendo il 3,48%. Non in un anno, ma rispetto a marzo: oltre 10mila copie al giorno perse in un mese nonostante i Gramellini o i Severgnini. O proprio per questo.
Ma se Cairo piange, De Benedetti non ride. Repubblica, in caduta libera, cede il 2,16% e si attesta a 212mila copie. Sono lontani i tempi in cui Corriere e Repubblica si sorpassavano di continuo con centinaia di migliaia di copie in più. E per il gruppo De Benedetti va male anche La Stampa, con una flessione di oltre il 5% in un mese e con una diffusione precipitata a 155mila copie.
Tra le due testate si colloca Il Sole 24 Ore, sceso sotto le 170mila copie con un calo mensile del 2%. Eppure il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, non perde occasione per spiegare ai politici come fare il loro mestiere. Forse farebbe meglio ad occuparsi del quotidiano della Confederazione, magari chiedendo consiglio ai politici.
E se le corazzate del giornalismo radical chic vanno male, non va certo meglio al Giornale, quotidiano di riferimento di Forza botulino. Le copie diffuse ad aprile sono solo 57mila, il 3,29% in meno rispetto a marzo.
Un destino segnato per tutto il mondo dell’informazione?
Probabilmente sì, anche se qualche testata in crescita non manca. L’Avvenire, il quotidiano cattolico, cresce di quasi il 2%, a 112mila copie. E fanno meglio Corriere dello Sport (+5,07%) e Tuttosport (+2,55%). Con numeri assoluti non esaltanti (rispettivamente 77mila e 47mila), ma almeno la dimostrazione che esistono ancora italiani in grado di leggere un giornale.
E tra le notizie su Orsato e Mattarella, scelgono quelle sull’arbitro in pantaloncini piuttosto dell’arbitro del Quirinale. Solo un problema di abbigliamento, perché sull’imparzialità..