Babbo Natale avrebbe voluto portare i regali non solo ai bambini buoni, ma anche ai politici cattivi. Poi ha visto gli sgherri schierati dal governo degli Incapaci per impedire di abbracciare parenti ed amici ed ha preferito limitarsi a consegnare i doni alle persone per bene. Sulla sua slitta sono così rimasti pacchi e pacchetti destinati alla “banda Conte” e non solo.
Frugando nella montagnola di regali riportati indietro si nota subito il burattino con il naso lungo. Il Pinocchio di legno quest’anno era destinato al lìder minimo. Ma forse, cercando bene, se ne può trovare un altro con la dedica per Matteo Renzi. È vero che si potrebbero consegnare tanti burattini quanti sono i ministri, ma ci sono anche delle gerarchie da rispettare.
Per De Micheli non poteva mancare un trenino. Con le ruote rotte e con a bordo un album di figurine Panini dei calciatori alle prese con falsi esami di italiano. In realtà Babbo Natale aveva pensato anche ad un Lego, ma per paura che il ministro si confondesse con la Lega, ha cambiato dono. E poi De Micheli avrebbe fatto pasticci con le costruzioni.

Il mappamondo, inevitabilmente, era destinato a Di Maio. Ma Babbo Natale aveva sottolineato, chissà perché, la città di Napoli. Forse un invito a tornare a casa per evitare di far danni in giro.
Peccato che Azzolina non abbia potuto ricevere il triciclo a lei destinato. Avrebbe scoperto che per raggiungere i banchi a rotelle bisogna prima trasferirsi da casa a scuola. Evitando possibilmente gli autobus, sconosciuti a De Micheli.
Per Gualtieri era pronto un pallottoliere. No, non per contare i miliardi del Recovery destinati alle boldrinate, ma per sommare le menzogne sulla ripresa propinate agli italiani. A Speranza era destinato il gioco dell’Allegro chirurgo. Tanto per farsi un’idea, una minima idea, del settore. Babbo Natale aveva preparato per Bonafede un cd con due soli brani ripetuti di continuo: “Un giudice” di Fabrizio De Andrè e “Signor giudice” di Roberto Vecchioni. Ma il vecchio con la barba dubitava che il ministro avrebbe capito.

Per Bellanova c’era un biglietto aereo di sola andata verso una destinazione a sua scelta. Perché l’agricoltura italiana preferiva rinunciare alle sue braccia rubate ad un settore che avrebbe bisogno di cervello.
Patuanelli e Catalfo si sarebbero accontentati di un libro in due: “L’operaio” di Jünger. Babbo Natale era sicuro che un libro intero non sarebbero riusciti a leggerlo, ma probabilmente neppure metà a testa. Sarebbe stato meglio un ingresso alle terme per rilassarsi mentre si interrogavano sull’oscuro significato di Attività produttive e Lavoro.
Un biglietto omaggio anche per Boccia, per visitare il museo Lombroso di Torino. Ma forse avrebbe preferito il museo dei sistemi di tortura. Una maschera africana per Franceschini a cui la cultura italiana ed europea fa schifo. “Una giornata di Ivan Denissovic”, il romanzo di Solgenitsin, non poteva mancare per Lamorgese. I soldatini di piombo per Guerini, visto che di quelli in carne ed ossa non sa che farsene; una carta d’identità elettronica del Comune di Torino per Pisano, perché è una delle rare emesse grazie ai disastri di Pisano come assessore subalpino; una paio di scarpe da ginnastica per Spadafora, con la speranza che capisca che non esiste solo il calcio professionistico e che lo sport è salute per tutti; biglietti di auguri per tutti gli altri: un augurio di inventarsi qualcosa da fare vista la loro totale irrilevanza.

Ma Babbo Natale, più inclusivo di Mattarella, aveva pensato anche all’oppofinzione. Per Giorgia Meloni il libro di Goebbels “La conquista di Berlino”, tanto per capire come funziona la propaganda politica. Un disco di Nini Rosso, “Il silenzio”, per Matteo Salvini. Ed un altro disco per Silvio Berlusconi, “Il faut savoir” del suo amato Aznavour. In versione francese, viste le scelte abitative dell’ex sultano di Arcore. Ma il messaggio va benissimo anche in italiano e per tutta la classe politica: “Devi partir senza tornar”..