Ferdinando Parisella, noto ristoratore del Gens Trebonia a Trevignano Romano, si è rivolto alla procura di Viterbo per un esposto contro i virologi allarmisti a comando. Ha accompagnato Paolo Bianchini, presidente di Mio Italia (Movimento imprese ospitalità), che ha firmato la denuncia. Una cattiveria gratuita, la loro, nei confronti degli eroi del telecomando che stanno rischiando la vita (la nostra, mica la loro) per combattere il colesterolo. Mica qualcuno si era illuso che lottassero contro il Covid?

E poi, cosa ci sarà di male nel giocare con i colori? Probabilmente hanno avuto delle frustrazioni infantili – bisognerebbe chiedere al professor Segatori, luminare della psichiatria nonché vicedirettore di Electomagazine – ed ora recuperano: Regioni gialle, rosse, arancioni, giallo scuro, bianche. No, bianche solo in teoria, tanto per completare la presa per i fondelli. Mentre Azzolina assicura che è tutto aperto, tranne le scuole. Chiedere a palestre ed impianti di risalita.
Tutti impegnati a giocare a “Strega chiama colore”. E spazio al fanciullino che è in noi.

Però i ristoratori, invece di giocare insieme ai virologi, si offendono e protestano. Che cosa ci vuole per richiamare il personale dalla cassa integrazione e poi rimandarlo a casa dopo due giorni? E non si sentono protagonisti della ripresa dell’economia se ordinano carne, pesce, pane e poi si ritrovano chiusi all’improvviso perché l’esperto di turno ha dormito male e ha stabilito nuove restrizioni? Si butta via tutto e si aspetta di ripartire dal Via.
È solo un gioco, in fondo. Come quello degli orari, che coinvolge anche clienti inossidabili che si ostinano a voler andare al ristorante. Ma state a casa ed imparate a cucinare!
Se no, giocate. Dal lunedì al venerdì potete andare al ristorante, ma solo a pranzo. E potete sedervi al tavolo con gli amici solo se avete cognomi che iniziano per H/W/K. È prevista un’eccezione, una generosa apertura dei virologi, se 4 commensali si chiamano tutti Guglielmo.
Però, per arrivare al ristorante bisogna abitare nel raggio di 200 metri. Oppure oltre i 30 km, ma a patto che si vada a piedi mentre il percorso al ritorno va effettuato camminando all’indietro. Così il virus si confonde. Se il locale è situato in una località di montagna, può offrire il pranzo esclusivamente dalle 12 alle 12,05. Previo esame linguistico per controllare che il goloso non arrivi da paesi oltre i 500 metri di distanza.

La sera niente cibo, bisogna stare a dieta per affamare il virus. Però chi abita ad un numero civico dispari può, nei giorni pari, prelevare il cibo da asporto. Chi, invece, abita ai numeri pari, può farselo portare a casa ma esclusivamente nei giorni della settimana che iniziano con la lettera F. Non ci sono? Non è mica da questi particolari che si giudica un esperto a gettone..