Quello che si sta abbattendo sulle imprese della ristorazione è un vero e proprio tsunami. Come testimoniano i dati del registro delle imprese del settore camerale, la situazione dei pubblici esercizi era già drammatica prima dell’ultimo provvedimento, con 10mila imprese in meno tra marzo e ottobre 2020, rispetto allo scorso anno. È dunque quanto mai necessario ampliare la dotazione economica del decreto Ristori e far fronte alle ulteriori criticità che si andranno a creare nelle zone rosse e arancioni.
Lo sforzo economico messo in campo dal Governo Conte non ha precedenti. Dall’inizio della crisi pandemica fino a oggi, segnala la CGIA, le risorse direttamente a sostegno delle imprese italiane ammontano a circa 35 miliardi di euro. Nonostante ciò, questi aiuti sono stati, per la gran parte dei destinatari, del tutto insufficienti. E dopo l’approvazione dell’ultimo DPCM, la situazione in questo periodo natalizio è destinata a peggiorare ulteriormente.
I ristori del governo hanno coperto solo il 25% delle perdite, denuncia la Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato (CGIA), subite da artigiani, piccoli commercianti, ristoratori ed esercenti colpiti dalle misure restrittive per arginare la pandemia da coronavirus. Secondo le stime entro fine dicembre sono a rischio chiusura 350 mila piccole e micro attività che lasceranno senza lavoro almeno 1 milione di addetti.
“Per sostenere quelle imprese che invece continueranno a tenere aperto è necessario un cambio di marcia; passare dalla logica dei ristori a quella dei rimborsi”, secondo Zabeo (coordinatore Ufficio Studi). “Come? In primo luogo indennizzando fino al 70 per cento i mancati incassi e in secondo luogo abbattendo anche i costi fissi, così come ha stabilito nelle settimane scorse la Commissione Europea. Altrimenti rischiamo una desertificazione dei centri storici e dei nostri quartieri, poichè non potranno più contare sulla presenza di tantissimi negozi di vicinato”.
Se da un lato l’Unione Europea ha riconosciuto alle piccole imprese con una perdita di almeno un terzo del fatturato la possibilità di vedersi rimborsare dai rispettivi Paesi di appartenenza fino al 90 per cento dei costi fissi, dall’altro ha introdotto una nuova definizione dello stato di inadempienza delle aziende che creerà molti problemi soprattutto a tantissime Pmi.
Le categorie imprenditoriali limitate dal Dpcm chiedono ristori immediati e non solo. Secondo FIPE, è anche «indispensabile siglare un patto con il sistema bancario. Oggi le nostre imprese vengono percepite come poco affidabili e questo rischia di compromettere anche le misure di sostegno al credito messe in campo dal governo.”
1 commento
I lori ristori sono inesistenti, sono una Ristoratrice, e dopo 4 che diventeranno 5 i mesi di chiusura imposta da loro, lo stato ha deciso che a noi non spetta niente visto che non abbiamo avuto il calo del 30% tra gli anni 2019 e 2020, quindi niente, zero assoluto, siamo e noi in questi mesi di chiusura come pensano che dovremmo andare avanti con questo zero che abbiamo aspettato per mesi stando alle loro regole assurde di chiusure e riaperture repentine e senza nessun rispetto per il nostro lavoro. Ci siamo adeguati alla situazione e abbiamo chiuso non per colpa nostra e adesso sono chiamati loro a fare il proprio dovere…cosa fanno…ci mettono il cappio al collo e danno un calcio alla sedia senza girarsi! UNA VERA PORCATA SI DOVREBBERO VERGOGNARE