Dunque… ieri è stato il giorno del primo scritto di quello che, un tempo, si chiamava Esame di Maturità… e non mi dite che lo si chiama ancora così, perché, da almeno un decennio, è diventato Esame di Stato. Che non mi piace, perché adombra un atteggiamento significativamente diverso della Commissione di Esame. Che dovrebbe verificare la congruenza tra la preparazione dell’allievo e i dettati, o le attese, dello Stato. Una sorta di controllo sulla cultura. Che deve omologarsi.
Prima, si doveva verificare la maturità dello studente, ovvero la sua capacità di affrontare non solo l’università ma la vita.Molto più aleatorio, certo. Ma, al contempo più… libero. Teneva conto dell’essere umano, non solo delle nozioni.
Per inciso, il vecchio esame, quello di maturità, aveva le sue radici nella Riforma Gentile. Quindi nel bieco, e dittatoriale Ventennio.
Comunque, è appena iniziata la prova di italiano, che mi arrivano le tracce. Sono già online, alla faccia dell’obbligo di riservatezza .
Sono curioso… a pensarci, è la prima volta da quarant’anni che non sono lì, in Commissione d’esame. E rischio una crisi di astinenza.
E poi il mio pensiero va alla classe che ho lasciato lo scorso anno. E che ora sta sostenendo gli esami. Mi sembra di vedere le loro facce. Una sorta di film a ritroso. I coatti, la glaucopide, la brunetta maliziosa… il Boro.
Chissà che temi avranno fatto…. provo a immaginare. La maggioranza dei coatti e dei semi-coatti non si sarà, certo, distinta dal resto delle scuole italiane. Il gran banale, la traccia C, un passo di uno scritto di Belpoliti sul senso dell’attesa nel tempo di Whatsapp… anzi, l’Elogio. Perché, al solito, il “candidato” va instradato in un solco preciso. Non sia mai che qualcuno si sogni di dire qualcosa di vagamente… originale. Ovvero in contraddizione con il dettato del tema. Un minimo pensare autonomo va evitato. Come la peste. Il, futuro, cittadino modello deve pensare per tautologie esaustive… in parole povere, ripetere a pappagallo ciò che gli giunge dall’alto… o meglio, dai media di sistema.
Due o tre ragazze, la glaucopide e un paio d’altre, avranno tentato la A. Analisi del testo. E sicuramente la lirica di Quasimodo, del quale avranno almeno una vaga nozione. Poco conta che sia una delle meno felici (si legga: delle più brutte), e che, ad onta del Nobel, il Quasimodo non sia stato poi questo grande poeta. Una manciata di versi ben riusciti. In stile ermetico, così diventa difficile capire, e quando non si capisce ci si convince che il poeta sia davvero bravo. Più facile fare ohhh di ammirazione, che tentare di sviluppare un pensiero, o un minimo di sensibilità estetica. Poi, naturalmente, le traduzioni dei lirici greci. Molto belle davvero… ancorché traduzioni di traduzioni. Perché il geometra Quasimodo di greco non sapeva una jota…
Moravia non lo avrà fatto nessuno. Difficile, per altro, capire gli Indifferenti da una striminzita paginetta. E, poi, a scuola, ben pochi prof ne parlano. Peccato… questo è l’unico romanzo di Moravia (con i Racconti Romani) che valga davvero la pena di leggere ancora. E lo scrisse quando aveva appena vent’anni.
Qualcuno/qualcuna si sarà buttato su Piero Angela. Un po’ perché la notorietà televisiva conta. Un po’ perché facile, scontato…
Nessuno, credo, su l’idea di nazione di Chabod, o sulla Fallaci. Come, per altro, in gran parte d’Italia. Due temi messi lì per una sola ragione. Giustificare che, al governo, vi è, o meglio vi dovrebbe essere una specie di Destra. La cui fantasia, e cultura, non va per altro molto in là, visto che deve sempre recuperare la Oriana. Che tutto era, ma non di destra. Chabod? Credo scelto solo per l’argomento… o il titolo.
E il Boro? Che avrà mai fatto il mio, mitico, Boro? È rozzo, ma eccentrico. A suo modo originale e difficile da rinchiudere in schemi o gabbie.
Può darsi che l’abbia buttata lì a caso… tanto vi è, ogni anno, una percentuale di promossi al 98%…
Oppure…
“A proffe, quello della lettera del Ministro sull’esame… ma je pare che uno se la deve tira’ tanto? Che je rode e se vuole sentì er nuovo Gent.. Gant…ninsomma quello là che lei ce dice sempre ch’ha fatto l’unica riforma vera della scuola… ai tempi der Benito…”
Mi è passata la malinconia. La crisi di astinenza. E sorrido.
In fondo, oggi, è il Solstizio d’Estate. Comincia la discesa del Sole verso la tenebra. E per quei, confusi, “maturandi”, nella realtà del mondo.
In bocca al lupo, ragazzi.