Bisogna uscire dalle nostre “echo chamber”, sentenzia Gianluca Mercuri sul Corriere. Come non dargli ragione? Finalmente un invito al confronto, senza censure, senza pregiudizi. Ci avevate creduto? Illusi. Per il quotidiano di via Solferino le regole del gioco sono diverse. Il confronto funziona solo se i non allineati al pensiero unico obbligatorio fanno autocritica e si spostano sul terreno del politicamente corretto. Se no il dialogo non inizia neppure.
Anzi, se si resta fuori dal perimetro fissato dai “buoni”, scatta immediata la censura. Si comincia bloccando i profili social dei sovranisti, dei populisti, dei trumpisti. Poi si cancella direttamente il presidente degli Stati Uniti. Perché i social sono aziende private, libere di dettare le regole per chi vuol aderire. Però, pura coincidenza, sono anche aziende private che godono di immensi privilegi fiscali garantiti da quei governi che si ritrovano avvantaggiati dalla censura. Ma è, appunto, una coincidenza.
Però questi popoli maledetti non si rassegnano alla dominazione del politicamente corretto. Dunque occorre eliminare i loro leader. Sarebbe meglio fisicamente, ma pare brutto. E allora negli Usa si pensa ad impedire ogni futura possibile candidatura di Trump, altrove si montano processi per poter condannare i politici che hanno osato mantenere le promesse elettorali in tema di invasioni.

Ma non basta ancora. Perché esistono social che offrono spazi alle tesi di chi rifiuta il pensiero unico obbligatorio. Allora Apple, Amazon e Google decidono di eliminare la piattaforma Parler dai loro server. À la guerre comme à la guerre. Ed è una guerra totale. Non limitata agli Usa, ovviamente.
Giusto così, poiché nessuno ha impedito a populisti e sovranisti di costruirsi server, piattaforme social, tv, giornali. Troppo comodo stare sul divano a guardare cosa fanno gli altri per poi pretendere ospitalità. Troppo faticoso provare a produrre cortometraggi per imparare a realizzare successivamente dei film di qualità.
E non è solo colpa di politici ottusi che sprecano soldi in iniziative stupide e totalmente inutili. Se i periodici alternativi degli Anni 60 e 70 sono spariti, la responsabilità è dei lettori, prima ancora degli editori. Troppo impegnativo rinunciare al caffè al bar per risparmiare i soldi per un giornale. I libri, poi, meglio lasciarli perdere: tutti comunisti. Come i cantanti, gli attori (compresi quelli che avevano combattuto nella Rsi), i registi.

Ora non ci sarebbe neppure più il fastidio di dover sborsare qualche spicciolo per leggere una informazione alternativa. Ma resta troppo faticoso andarla a cercarla sui vari siti. Finché compare su Facebook va bene, si può persino far la fatica di leggere. Ma digitare il nome del sito no! Un impegno eccessivo. Meglio limitarsi a protestare per la censura. Con gli applausi di Zuckerberg.