Anche le leggende più fantasiose e macabre si adeguano ai tempi. È la logica del mutamento di mentalità.
I vampiri si aggiravano di notte, succhiavano il sangue dei malcapitati per mantenersi in forma e poter continuare la loro lugubre esistenza. Le vittime mica si accorgevano subito dell’incontro fatale: solo un po’ di pallore e stanchezza e due puntini rossi sul collo.
I contagiati facevano rumore, gorgogliavano, anche se all’apparenza sembravano perfettamente sani.
Nella “epidemia vampirica del Settecento”, studiata da Vito Teti nel suo splendido saggio Il vampiro e la melanconia, erano tutti coinvolti e “non soltanto i ceti popolari, ma medici, chirurghi, autorità religiose, civili e militari”: insomma, una infestazione psichica ed ematologica che non rispariva nessuno.

Salme riesumate alla ricerca dei segni della contaminazione, chiusure domestiche con l’aglio sulle porte per temperare l’angoscia del rischio di contagio, gesti scaramantici per allontanare il maligno, segni della croce per evidenziare eventuali contatti demonici, allontanamenti dai luoghi impuri e poi il fuoco purificatore e il paletto per stroncare definitivamente ogni velleità vampiresca.
Passano i secoli, la scienza stabilisce il limite della superstizione, relegando certe fantasie nel tempo della ragione oscurata.
Tutto superato? Ma neanche per idea! Cambia la dimensione temporale dell’attacco vampiresco: il giorno e la luce diventano gli elementi di rischio maggiore. Il vampivirus19 ha deciso di scompaginare le carte, ma la superstizione si è comunque ampiamente diffusa con rituali e cerimonie simbolicamente sovrapponibili.
I contagiati dal vampivirus19 mica si accorgono della sua presenza nel corpo: qualche starnuto come rumore, qualche tossita come gorgoglio, due orecchie rossicce e mal di testa: a far finta di essere sani per non essere sequestrati come untori.
I cadaveri sottoposti al test; distanziamento personale con l’epico metro di distacco; la mascherina antistress e antisputo; toccamento di gomiti, brindisi in piedi e seduti; termometro sulla fronte in nome del Padre; evitamento di bar, ristoranti e palestre; la cremazione tecnologica in sostituzione del rogo sacrificale e infine, simbolo dei simboli, la siringa al posto del paletto per decretare la sua clinica estinzione.
Tutto si ripete nel ciclo dell’adattamento, tranne per quanto riguarda gli esorcisti.
Del professor Abraham van Helsing, psichiatra, chirurgo e specialista in scienze occulte ce n’è uno solo. Anche in questo frangente l’attualità è scaduta nello stile. Lui sì che si intendeva di magia, tra crocefissi, decapitazioni e paletti di frassino. I contemporanei cacciatori del vampivirus 19 sono dilettanti allo sbaraglio: quelli del Vairus sono gli stessi di Aigor nel Frankenstein junior ma senza la sua simpatia. Sono dilettanti dei pennarelli, principianti della statistica, hobbisti dei decreti.
Una supplica a Mefistofele: ridacci i vampiri e gli esorcisti, e toglici arlecchini e prestigiatori.
