Sull’edizione torinese del Corriere della Sera, Luca Iaccarino stronca, e pure pesantemente, un ristorante della Liguria di Ponente. Magari qualcuno si stupirà che l’edizione torinese si occupi di Liguria, ma è normale poiché i subalpini amano le transumanze collettive verso il Ponente, la Valle di Susa ed alcune località valdostane. Dunque una recensione di un ristorante di queste zone è un servizio ai lettori torinesi in trasferta.
Però non è piaciuta, ai più, la stroncatura. E non perché il ristorante in questione sia al di sopra di ogni possibile critica ma semplicemente perché i lettori intervenuti nella polemica non amano commenti negativi. Ma il povero Iaccarino, che è un critico enogastronomico serio e competente, è diventato oggetto di attacchi personali da parte di un pubblico che resta convinto che uno valga uno e che, soprattutto, chiunque valga meno di se stesso.
Per i lettori è evidente che Iaccarino abbia attaccato l’ottimo ristorante solo perché il ristoratore ha fatto pagare la cena e non l’ha offerta come si sarebbe aspettato, ed avrebbe preteso, il giornalista. Forse bisognerebbe spiegare ai lettori informatissimi che un critico gastronomico, quando recensisce un ristorante, viene rimborsato dal giornale per cui scrive. Se no si ritroverebbe rapidamente a chiedere l’elemosina. Dunque non si aspetta favori – attesi dai critici improvvisati che commentano sui social – ma ottimo cibo ed un servizio professionale.
Già, il servizio. Iaccarino se ne lamenta ma sono divertenti le difese d’ufficio da parte dei lettori. Qualcuno assicura che il ristoratore è un suo amico e lo tratta sempre bene. Non è proprio un giudizio professionale e super partes ma è persino più accettabile rispetto a: “Cosa pretende, Iaccarino? Va in Liguria e vuole un’accoglienza simpatica e professionale?”. Una pietra tombale sulla ristorazione e sul turismo ligure.
La qualità dei piatti, in tutto questo bailamme, appare un particolare irrilevante. Ed è giusto così. Perché Iaccarino è un professionista del settore, gli indignati che lo contestano non sanno distinguere, spesso, una fiorentina da un’aragosta.
I più concilianti provano a sostenere che si sia trattato di una giornata storta. Del giornalista, ovviamente, secondo la maggioranza. Perché se anche si fosse trattato di una giornata storta del ristoratore, Iaccarino avrebbe dovuto capirlo e non scrivere nulla. Buonismo applicato alla tavola. Che ci può stare. Ma se una famiglia di 4 persone spende, a testa, 14/15 euro per ogni piatto e si ritrova cibo scadente e servizio scortese, il ristoratore buonista che fa? Offre un buono pari al prezzo della cena per riprovare quando la serata non è storta? Oppure se ne frega e chiede agli amici di continuare con recensioni favorevoli sui social?