Mino Giachino, ex sottosegretario di un governo Berlusconi, torna periodicamente sul suo cavallo di battaglia: la crisi ormai pluridecennale di Torino. E ogni volta ricorda che lui lo aveva dichiarato pubblicamente, ma che il Sistema Torino non lo aveva preso in considerazione. Anzi, che era stato praticamente censurato dai media di servizio. Non che abbia torto, nell’analisi.
Peccato che non abbia ragione nei passi successivi. Perché il buon Giachino insiste nel rivolgersi ai vertici di Unione Industriale e Confindustria Piemonte, ossia ai principali responsabili di questa crisi. Perché i mancati investimenti per ammodernare le imprese non sono responsabilità della politica, tantomeno quella cittadina. Anzi, gli enti locali hanno sprecato risorse pubbliche consistenti per far contenta la famiglia Agnelli rilevando una parte di Mirafiori. Ed ottenendo, in cambio, una ulteriore contrazione degli addetti e delle attività.
È vero, al contrario, che il turismo non è stato in grado di sostituire la manifattura. Forse per l’impossibilità oggettiva, forse per l’incapacità di gestirlo. Un’incapacità che si estende – e in questo Giachino ha ragione – al settore delle infrastrutture. Sia per quanto riguarda la costruzione sia per la gestione. Non essere stati capaci neppure di conservare i livelli di servizio ferroviario in direzione di Venezia e Trieste è la dimostrazione di una inadeguatezza del ceto politico.
Ma non essere stati capaci di individuare delle alternative all’industria dell’auto ed alla deleteria famiglia che ha lucrato sulla città, è una gravissima responsabilità della classe imprenditoriale. Era possibile far qualcosa di diverso? Certo che sì. Basti pensare alla Lavazza, alla Azimut Benetti, a Reply.
Quando ci si lamenta per non essere più la capitale della moda, invece di frignare bisognerebbe fare autocritica per non essere stati capaci di far ciò che ha fatto Milano. Ha investito. Brutta parola per il padronato subalpino. E lo stesso vale per il settore televisivo. Berlusconi ha investito, i padroni delle ferriere torinesi hanno borbottato. Dov’erano i grandi imprenditori lamentosi quando si trattava di acquistare la Martini & Rossi? E quando si doveva salvare l’Abit? O la Bertone? E chi ha rilevato Italdesign, Pininfarina ed ora Fiat?
Allora Giachino, invece di prendere un bicerin con i responsabili del disastro potrebbe organizzare gli Stati Generali dell’intelligenza, per radunare chi ha idee e chi ha voglia di investire su queste idee.