Susanna Tamaro questa volta sembra averla sparata proprio grossa. In contrasto con la sua personalità, solitamente riservata, anzi portata ad una solitudine eremitica. Al Salone del Libro di Torino, ha detto, papale papale, che Verga, il Verga Giovanni, il monumento del nostro Verismo… è brutto. Una lettura noiosa, a scuola, forse proprio perché obbligatoria. E che andrebbe eliminata. Per fare posto ad opere di contemporanei. Opere capaci di avvincere i giovani. E spingerli alla lettura.
Mi fermo a questo. Glissando su altri giudizi, ancora più discutibili, sulla noia di studiare Dante a scuola… e sull’incapacità degli insegnanti di sollecitare alla lettura.
Che, poi, ben poco ha a che vedere con le opere e gli autori in questione, e molto, moltissimo, con il modo in cui vengono presentati. Ma su questo, appunto, preferisco glissare. È altro discorso. E lungo. Su cosa e soprattutto come si insegna… e la Tamaro, che mai credo abbia insegnato, ha le sue ragioni. Perché anch’io ho un ricordo da incubo dei Malavoglia studiati, capitolo per capitolo, con tanto di riassunto, all’ultimo anno di liceo. E ricordo quanto arrivai ad odiarlo…
Non accadde con Dante. Ma perché La Commedia avevo già imparato a leggerla da solo. Pronuba una vecchia maestra che, alle elementari, mi diede una edizione illustrata per ragazzi.
E non mi accadde, in generale, per la lettura. Perché appartengo alla generazione che, per fantasticare, aveva a disposizione solo i libri… pochissima televisione. E nessun altro media visivo.
Ed è questi il nocciolo del problema. Gli studenti di oggi non si nutrono di parole, ma di immagini.
Gli insegnanti hanno, certo, colpe e insufficienze gravissime. Ma il passaggio da una cultura scritta ad una visuale non è colpa loro.
E su questo si dovrebbe riflettere.
Ma torniamo a Verga. Mi riusciva pesante. Noioso, asfittico. Lo detestai per moltissimi anni. Poi, quando cominciai ad insegnare, fui costretto a riprenderlo in mano… allora, quaranta anni fa, c’erano i programmi. Obbligatori. E da Verga non si poteva prescindere. Ora non più. Tant’è che molti docenti non lo fanno. La scuola è cambiata, cara Susanna Tamaro. Ma non in meglio, purtroppo.
Verga riletto in età più matura fu una rivelazione. Perché, finalmente, ero libero di apprezzarne la prosa. Cupa e massiva, certo. Ma con dei momenti… folgoranti. Come la grande giornata di Don Gesualdo. O il funerale di Bastianazzu.
Poi, con il tempo, compresi anche la profondità dell’opera verghiana. Il suo, tremendo e spietato, pessimismo sociale. Il rovesciamento dei parametri del darwinismo sociale. La visione negativa di ciò cui ci avrebbe portato il, cosiddetto, progresso.
E, soprattutto, l’orrore, sotteso, per la visione economicista, la mercificazione di ogni cosa.
Farlo studiare a scuola? Bisognerebbe spiegarlo bene. E sarebbe necessario che i ragazzi sfuggissero alla suggestione di un mondo che è la piena realizzazione di quel futuro privo di ogni luce che Verga vedeva. E che, da vecchio reazionario quale era, descriveva nei suoi libri. Libri privi di ogni luce. Di ogni speranza.
E allora, forse, Susanna Tamaro non ha poi tutti i torti. Tranne per un particolare. Fondamentale. Che le sfugge.
Verga non andrebbe tolto dai programmi scolastici perché…brutto.
Al contrario, perché è uno scrittore troppo grande, con uno stile così straordinario che non vi è più spazio per lui in questo mondo superficiale.