“La decisione di proseguire su quella strada o di abbandonarla deve essere presa indipendentemente dalla paura o dall’ambizione. Ti avverto: osserva la strada da vicino e senza fretta, provala tutte le volte che lo ritieni necessario e poi rivolgi a te stesso, e a nessun altro, questa domanda: Questa strada ha un cuore? Le strade sono tutte uguali: non portano da nessuna parte. Alcune attraversano la boscaglia e vi si addentrano. Posso dire di aver percorso strade molto lunghe nella mia vita, ma non sono mai arrivato da nessuna parte. Questa strada ha un cuore? Se ce l’ha, è la strada giusta; se non ce l’ha, è inutile. Nessuna delle due porterà da qualche parte, ma una ha un cuore, l’altra non ce l’ha. Una rende il viaggio felice, e finché la seguirai sarete una cosa sola. L’altra ti farà maledire la vita. Una ti fa sentire forte, l’altra ti indebolisce”.
No, “Camino Diferente”, il libro scritto da Vittorio Maria Corelli (e pubblicato da Della Porta editore) per ricordare il Cammino verso Santiago di Compostela portato a termine con due amici, segue un percorso molto diverso da quello descritto da Castaneda e da Don Juan nella parte iniziale di questo articolo. O forse non troppo diverso, anche se manca il peyote sostituito dalle birrette indispensabile per affrontare il lungo pellegrinaggio.
Perché comunque anche quello di Corelli è, soprattutto, un percorso spirituale. Una sorta di percorso iniziatico, pur con la mancanza di un maestro o di una figura guida, che prende il via dall’annuncio di una grave malattia del padre. Il libro non è un romanzo, bensì la cronaca nuda e cruda di un viaggio e di una maturazione individuale. Ma è anche un continuo confronto con se stessi e con i compagni di viaggio: i due amici, innanzitutto, ma anche i pellegrini incontrati lungo il percorso. Amicizie ed innamoramenti con la consapevolezza che tutto durerà per il tempo di una o più tappe del viaggio.
In un continuo scambio di sentimenti, di emozioni che aiutano a crescere.
Ma “Camino Diferente” è anche un interessante spaccato della gioventù attuale. Non ragazzini, ma giovani uomini che – nel caso dei tre amici – sono anche giovani professionisti affermati nei rispettivi lavori. Difficile dire quanto siano rappresentativi di una generazione che, troppo spesso, deve fare i conti con precarietà e rassegnazione. Però la speranza è che i tre pellegrini non siano solo una eccezione. E non soltanto negli aspetti goderecci, tra nottate infinite, rutto libero, bevute senza limiti, turpiloquio garantito. Perché quando Corelli dismette braghette da pellegrino, maglietta sudata e scarpe tecniche, torna ad essere un grande avvocato elegante, dal linguaggio forbito e dal comportamento inappuntabile.
Dentro, però, è cambiato. È stato il viaggio a cambiarlo ed a mutare la sua percezione della realtà e delle persone. Un viaggio di fede e di introspezione. Perché, come scrive lui, il Cammino di Santiago è finito ed è iniziato il Cammino della vita. Buen Camino, Vittorio..