Sono seduto con S. al bar del Tufello che abbiamo, da un po’ di tempo, preso l’abitudine di frequentare. È un bar che mi piace. Come quelli di una volta, che stanno ormai quasi sparendo del tutto. Qui resiste, più che altro, credo, per la cocciutaggine di Tony. Il padrone e unico gestore. Dentro è una specie di magazzino. Dove puoi trovare dalle bottiglie di vino di un certo pregio, alla pasta artigianale, ai surgelati. Tanto che è fatica prendere il caffè al bancone in più di due alla volta. Cosa non voluta, ma che certo farebbe felice quel pericoloso ipocondriaco di Speranza. Però, lì nessuno porta la fatidica mascherina. Anche da prima che ci venisse, generosamente, concesso. È quartiere popolare il Tufello…
Fuori, però, ha una pergola coperta. Dove si sta proprio bene. Specie in questa stagione, visto che si affaccia sul Viale delle Isole Curzolane, in piena fioritura. Un tripudio di colori. E l’ombra è decisamente gradevole.
Dunque, siamo lì. Per un aperitivo. E S., come sempre, è tutto allegro quando torna nel suo quartiere d’origine. Ritrova volti e luoghi noti da sempre. Soprattutto, ritrova se stesso.
Ed è un fiume in piena. Di storie, aneddoti. Ragionamenti.
Oggi sta parlando di Putin. E di quanto accade in Ucraina. La sua è una conversazione decisamente molto varia. Passa da questioni tecniche, il suo lavoro sino alla pensione, all’esegesi biblica. Autentica passione, coltivata negli anni. Tanto che ne sa più di tanti accademici. Anche perché S…ragiona. Senza schemi precostituiti.
“Hai notato” mi dice bevendo l’immancabile cappuccino “che su tv e giornali si parla sempre meno dell’andamento della guerra? Mariupol quasi non la nominano più…gli eroi della Azov? Spariti. L’imminente crollo dei russi? Evaporato…”
Altro sorso di cappuccino.
“Questo significa una sola cosa. Che Putin, a dispetto di tutti, ha vinto. E non solo non sanno come dirlo. Non vogliono ammetterlo neppure con loro stessi. Anche perché hanno creduto alle balle che loro ci stavano… propinando. Insomma, si sono imbrogliati da soli…” ridacchia..
Il discorso attira l’attenzione di due anziani al tavolino accanto. Si conoscono di vista…e intervengono. Questa, in fondo, è borgata. Ed è naturale..
“A mò, ma che sei, un filo Putin ora? Che sei ancora comunista? Dopo tutti questi anni che la Nato ce ha sarvato er c…”
S. li guarda. Sorride. E ora mi aspetterei che scoppiasse la polemica. Invece.
“State bene attenti, mo’ ve racconto una storia. Che forse già sapete. Ma che calza proprio a pennello…” si gratta la rada barbetta grigia.
“Voi sapete, certo, che Gigi Proietti veniva da qui. Dal Tufello. Proprio da una casa popolare là dietro. Dove c’è il grande ritratto murales che lo ricorda…” i due annuiscono. Ma le loro espressioni dicono chiaramente: e che c’entra mo’ Proietti?
“Io quando guardavo certi personaggi che interpretava, vedevo certe sue gag, riconoscevo personaggi di casa. Proprio qui, al Tufello…
Ma questo adesso non c’azzecca niente. Facevo solo tanto per dire…
Comunque, c’è una storiella che Proietti amava raccontare spesso. Il cavaliere nero.”
“Mi pare…ma non me la ricordo bene…”
“Aspetta… Dunque c’è un cavaliere nero che si avvicina al Castello di Re Artù. Sta passando tranquillamente un ponte, per i fatti suoi. Ma quello è territorio del Re. E un Cavaliere della Tavola Rotonda va a dirgli che di lì non passa. Il Cavaliere Nero prende, carica, e lo disarciona. Poi torna a farsi tranquillamente i fatti suoi.
Ma arrivano altri due Cavalieri. E il Cavaliere Nero li abbatte. Poi torna per la sua strada…” pausa, sorso di cappuccino “Ora, io ve la racconto così. Alla meno peggio. Ma dovete immaginarvi la voce e la mimica di Gigi…
Adesso arrivano tre Cavalieri. E il Cavaliere Nero li abbatte e torna per i fatti suoi. Poi quattro, poi cinque…stessa scena. Poi tutto il castello in armi col re in testa. E il Cavaliere Nero fa un vero macello. Poi se ne va via tranquillamente…
Ecco, tutto qui, o quasi…”
” Ma che starebbe a significa’ sta storia? e cavolo c’entra con Putin? ” S. sorride.
“C’entra, c’entra…perché vedete, Proietti alla fine del monologo, che durava molto di più e sempre più gesticolando, si faceva tutto compassato e diceva: Qual è la morale? La morale è che al Cavaliere Nero non je dovete rompe’ er cazzo! ”
Usciamo dal bar ridendo per le espressioni attonite dei due…
1 commento
l’immagine che ha dato Proietti del cavaliere nero è fantastica.. anch’io la racconto spesso a chi non vuole capire.. ci andro a quel bar perchè ho vissuto i bei tempi quando roma era unpaese