Angela Merkel, ormai prossima al ritiro dalla politica, per affrontare l’emergenza afghana ha telefonato a Putin. Consapevole che il futuro di Kabul si decide anche e soprattutto a Pechino e Mosca, oltre che a Teheran ed Ankara. Dunque la cancelliera tedesca fa, ancora una volta, la scelta giusta. Come quando ha resistito alle imposizioni di Washington per rinunciare al raddoppio del gasdotto per il metano russo.
Nel frattempo Sua Divinità Mario Draghi telefonava anche lui, ma al suo datore di lavoro, quel Joe Biden che è il principale responsabile del disastro afghano. Problemi di scelta, di libertà, di indipendenza. Di ruolo che si vuole garantire al proprio Paese.
D’altronde Sua Divinità può permettersi ciò che vuole, visto che manca completamente una opposizione in grado di incalzarlo non con gli slogan ma con una contestazione puntuale delle sempre più numerose boiate del presidente del consiglio. Ed anche l’accordo tra Lega e Forza Italia appare l’ennesimo giochino di potere. Si consulteranno i vertici dei gruppi parlamentari, cercheranno di trovare posizioni comuni per sostenere Draghi. Non si parla, naturalmente, di formazione dei quadri quasi sempre imbarazzanti. Meglio occuparsi di candidature, evitando accuratamente di far crescere culturalmente, politicamente o anche solo sotto l’aspetto amministrativo dei personaggi senza arte né parte.
Una bestemmia, la formazione, per chi è cresciuto rimpiangendo nani e ballerine o procedendo con slogan da ripetere come mantra. Gli slogan cambiavano, la mancanza di preparazione restava invariata. E ci si ritrovava ad affidare prestigiosi incarichi in ambito culturale a chi aveva letto esclusivamente, senza comprenderlo completamente, il manuale della lavatrice. Non è neppure il peggio. Perché quando il centrodestra si occupa di politica estera, ci si ritrova a rimpiangere chi non capisce il manuale della lavatrice. E quando si occupa di economia, si rivalutano i non esperti di politica estera. Ma la formazione no, proprio no. Studiare è una perdita di tempo.