In base a recenti dati statistici diffusi da Eurostat, in Italia il divario tra i ricchi e i poveri nel corso degli ultimi anni si è ulteriormente aggravato.
Nel decennio che va dall’inizio della crisi economica del 2006 al 2016 la porzione più povera della popolazione è passata da una percentuale del 2,6% del reddito totale nazionale a un ben più esiguo 1,8%.
Ciò significa che i più poveri, nell’arco di un decennio sono diventati ancora più poveri.
Al contrario la parte più benestante, all’incirca il dieci per cento degli italiani, è passato da un reddito complessivo del 23,8% nel 2008 al 24,4% del 2016, quasi un quarto del totale, un aumento che supera addirittura la media europea, che nello stesso periodo si è attestata al 23,8%.
In questo quadro la classe media si è andata via via restringendo, confermando una tendenza ormai consolidata nel tempo e dalla quale sembra difficile uscire.
Tale situazione stride con quanto dichiarato nei giorni scorsi, nel corso di una riunione del Fondo Monetario Internazionale, dal ministro Padoan il quale ha affermato che “l’Italia ha sperimentato una crescita ”solida”, con la domanda interna che ha continuato a espandersi sostenuta da un aumento degli investimenti e dei consumi privati”. E lo stesso ministro ha aggiunto che “il mercato del lavoro ha mostrato ulteriori progressi con l’occupazione salita dell’1,1%”.
A questo punto vien da chiedersi a chi e a che cosa pensasse il membro dell’esecutivo italiano nel momento in cui relazionava i banchieri americani. Forse al fatto che i loro sodali italiani erano riusciti ad arricchirsi di più?
Peccato si sia dimenticato di ricordare a discapito di chi.