Dopo l’emergenza covid, l’emergenza siccità, l’emergenza temporali, l’emergenza caldo – inframmezzate da altre sciocchezze tipo emergenza fascismo, emergenza attacco ai diritti civili, emergenza epurazioni in RAI – non poteva certo mancare l’emergenza turismo, fatta propria dal quotidiano di Marco Travaglio. Che, partendo dai dati delle punte di calore di questa estate, traccia un quadro a tinte fosche per il futuro di un settore che garantisce all’Italia una quota consistente del PIL.
In realtà i dati climatici utilizzati dal Fatto Quotidiano, anche nel caso in cui non rappresentassero una eccezione del 2023, non determinerebbero automaticamente la crisi del settore, a differenza di ciò che sostiene l’articolo. Che non tiene in alcun conto la possibilità di adattamento degli operatori del turismo.
È vero: la possibilità di cambiare non implica la capacità e la volontà di cambiare. Però, di fronte ad un eventuale mutamento della realtà circostante, anche le risposte finiranno per cambiare, sia pure obtorto collo. E quando un politico tedesco avverte che, con queste temperature, sarà inevitabile rinunciare a visitare le città d’arte italiane durante l’estate, la risposta non può essere quella del miracolato di turno per vicende meloniane che invita i tedeschi a restarsene a casa.
Semplicemente occorre cambiare le prospettive. Le città d’arte avranno più visitatori in autunno, inverno e primavera. Ed i turisti interessati alla cultura programmeranno le ferie in periodi diversi. Evitando caldo atroce, folle sudaticce, rincari senza senso.
Il cambiamento climatico eliminerà la stagione sciistica in molte località? Vorrà dire che la montagna rivaluterà il turismo estivo (come era sino a mezzo secolo fa) e punterà su qualcosa diverso dallo sci nei mesi invernali. Già quest’anno, comunque, il caldo ha permesso il boom di presenze in molte località, a partire dal Trentino dove i turisti hanno ignorato i boicottaggi promossi dagli ambientalisti di città.
Certo, occorrerà cambiare alcune abitudini. Sia nella scelta delle località di vacanza sia nei periodi di ferie. Non tutti possono permetterselo per ragioni oggettive, basti pensare al calendario scolastico. Ma anche quello può essere modificato, com’è avvenuto in altri Paesi. E poi ci sono le famiglie senza figli, ci sono gli anziani. Servirà flessibilità sui posti di lavoro, ma è ciò che hanno sempre chiesto gli imprenditori.
Il vero problema del turismo italiano, però, è un altro: i prezzi eccessivi a fronte di salari troppo bassi. L’alibi è sempre stato rappresentato dalla durata limitata delle aperture. Dalla voglia di guadagnare una cifra adeguata per i 12 mesi dell’anno lavorando solo 6/7 mesi o anche meno. Ora la situazione potrebbe cambiare, offrendo la possibilità di lavorare per tutto l’anno. Difficile illudersi che i prezzi diminuiscano. Difficile illudersi che i salari crescano. Forse è di questo che si dovrebbe parlare nella famiglia di lady Garbatella.