Potenza dei luoghi. Il pessimo Brunetta – noto, da politico forzista e da ministro, come feroce nemico dei lavoratori prima ancora che dei loro diritti – arriva nella splendida sede del Cnel e, miracolo, scopre che i lavoratori hanno persino dei diritti e che, rispettandoli, si possono ottenere risultati migliori rispetto a quelli di uno scontro perenne.
Di questo passo c’è il rischio che il Cnel, da “ente inutile” possa finalmente diventare ciò per cui era stato pensato. Ossia il luogo dove “pensare” il futuro dell’economia e del lavoro. Dunque proprio Brunetta, fustigatore dei lavoratori e poi ammiratore di Giggino Di Maio, invita a “dare finalmente attuazione all’articolo 46 della Costituzione, iniziando a dibattere su una legge in materia di partecipazione dei lavoratori, così da superare alla radice, in una prospettiva di economia sociale di mercato, le spinte conflittuali che ancora oggi incidono sulla qualità e l’efficacia delle nostre relazioni industriali”.
Roba che neanche Fanfani.. E non basta. “Siamo a un bivio: tentare di cristallizzare la situazione attuale, senza peraltro garantire coesione sociale alla luce delle profonde dinamiche di mutamento tecnologico in corso, oppure costruire davvero l’Italia del futuro, i nuovi mercati del lavoro e le nuove professionalità”. Francesco Paolo Capone, segretario generale Ugl, ringrazia. Carlesi e l’Istituto Stato e partecipazione possono entusiasmarsi. È vero che le Pmi occupano 14 milioni di lavoratori, compresi i famigliari dei titolari, ma non per questo la “partecipazione” è garantita in ogni caso dalle piccole dimensioni.
Curioso che queste analisi arrivino ora che Brunetta è al Cnel e non quando era al governo. Ma la folgorazione sulla via del lavoro arriva quando arriva. E deve essere stata una folgorazione molto intensa. Perché ha coinvolto persino il Corriere, quotidiano di quella parte di patronato che vuole l’immigrazione di massa – mezzo milione in un anno, come chiede il ministro (ex?) cognato Lollobrigida – per disporre di nuovi schiavi. Ma ora il fu grande giornale avverte che, se gli imprenditori vogliono personale di qualità, devono superare l’esame in cui i possibili dipendenti valutano la qualità del lavoro e degli imprenditori stessi.
E non basta la pur comprensibile, e spesso sacrosanta, eliminazione del reddito di cittadinanza. Perché i fannulloni troveranno altri escamotage per campare mentre chi ha professionalità e profili professionali richiesti non accetterà il ricatto governativo, con l’obbligo di accettare qualsiasi occupazione, in qualsiasi parte d’Italia e con qualsiasi retribuzione, purché il contratto sia superiore ai 12 mesi. Davvero i dilettanti allo sbaraglio del circolo della Garbatella sono convinti che un ingegnere, un tecnico specializzato, un cameriere uscito da un istituto alberghiero accettino di trasferirsi a Milano per affrontare un costo della vita insostenibile con retribuzioni indecenti?
Piuttosto sceglieranno di spostarsi all’estero, riducendo ulteriormente le figure professionali di qualità e lasciando spazio a schiavi privi di competenza ma pronti ad accettare qualsiasi proposta. O, in ogni caso, saranno costretti ad abbandonare le aree italiane più deboli, prive di possibilità di attrazione, per trasferirsi nei centri maggiori. Distruggendo il tessuto sociale che avrebbe bisogno di rilancio e non di ulteriore penalizzazione. Non è così che si costruisce il futuro. Ma la folgorazione era sulla via di Damasco, sul Cnel e su via Solferino. Sulla Garbatella è buio fitto.