Il Natale e le feste che li seguono e precedono, in sostanza le Feste del Solstizio, hanno molti colori. L’argento della Luna, e l’oro del Sole e delle Stelle. Il blu di un cielo terso al tramonto. Il verde degli abeti. Il bianco abbacinante della neve… Ma il colore che domina questi giorni è, indiscutibilmente, il rosso. Vivido, acceso. Lo troviamo dappertutto. Le candele dell’avvento. I nastri dei pacchi regalo, e la carta in cui questi vengono avvolti. Le decorazioni delle vetrine e delle case. I tappeti stesi davanti ai negozi e alle soglie delle abitazioni. I centro tavola decorati con mele, ciliegie, lamponi… Rosso, sempre rosso.
Rosso è l’abito di Babbo Natale. Anche se la prima immagine di Santa Claus, che ci giunge dal XIX secolo, ce lo mostra vestito di verde. Come un, grande, elfo. Ma poi, subito, il suo abito è divenuto rosso, con i bordi di pelliccia bianca e gli stivali neri. La Coca Cola, però, non c’entra affatto, come insiste una certa vulgata. Il mutamento è di un bel po’ antecedente. Ed ha a che fare non con la pubblicità, ma col significato simbolico del colore rosso. Santa Claus giunge col Solstizio. La sua slitta trainata da Renne volanti è il Carro del Sole, che comincia la sua ascesa verso l’estate.
Che il rosso rappresenti la vita è percezione facile, immediata. Il sangue vivo è rosso. E finché scorre noi possiamo vivere, amare, lottare. I morti non hanno più questo sangue vivido, rosso, pulsante. E, appunto, i “non morti, della letteratura gotica, da Polidori al capolavoro di Bram Stoker, ne sono assetati. Come le ombre dell’Averno omerico. Devono bere il sangue di una pecora nera sacrificata da Odisseo, per poter riassumere una qualche parvenza di vita. E parlare con l’eroe.
Il rosso è il colore del tramonto. E precede l’oro dell’Aurora. Il Sole appare rosso fiammante, così come una particolare qualità di oro. Che è, poi, il metallo del Sole. In Oriente la rappresentazione pittorica del Sole non è, infatti, mai gialla. Vengono usate tutte le sfumature dall’arancio al vermiglio. La bandiera del Giappone ne è l’esempio più conosciuto. E rappresenta, simbolicamente, Amatarasu, Dea del Sole, e Kami della famiglia imperiale.
Stai facendo un gran minestrone, dirà qualcuno. Che c’entra il Natale con la bandiera del Giappone? E, soprattutto, Santa Claus, personaggio da fiaba, amato dai bambini, con Dracula? È una forzatura. Un semplice gioco di associazioni casuali…
E invece non è così. I colori non dipendono solo da scelte di gusto personale, mode collettive, casualità. Hanno una rispondenza con qualcosa di ben più profondo. Qualcosa che risuona nella nostra anima. E oltre l’anima stessa.
Il rosso, per fare un ultimo esempio, è anche il colore della passione. Dell’eros. Dante, nell’inquietante sogno narrato all’inizio della Vita Nova, vede Beatrice fra le braccia del Dio d’amore. Completamente nuda, e velata solo da un, impalpabile, velo vermiglio. E Beatrice sta divorando il rosso cuore del poeta. Resta, per me, l’immagine più intensa della passione erotica, e del suo tormento, mai scritta.
D’altro canto, il rosso non è il colore che secondo un certo uso – in verità volgarotto e abbastanza fastidioso – si dovrebbe indossare nell’intimo di Capodanno? Porta bene, dicono. In realtà ha una, o dovrebbe avere, una funzione erotica. Ma un erotismo che vada al di là della mera…. beh avete capito. Ci sono, forse, delle Signore che leggono, e non verrei ferire il loro buon gusto.
Cerco, però, di spiegare come una splendida donna vestita di rosso a Capodanno, possa, al di là del desiderio più carnale e immediato, evocare un desiderio, un anelito ben più intenso. E alto. Quello della Luce. Il Sole, non solo fisico, che risorge. È Beatrice, a ben vedere. Sempre e comunque lei. La portatrice di Beatitudine. Colei che può schiudere la Porta del Giardino. Del Paradiso.
Una forzatura? Forse. Ma mi viene in mente l’immagine della Rosa. Cantata da tutti i poeti d’amore. E rivisitata, approfondita nella Scienza Occulta di Rudolf Steiner. La Rosa simbolo di Amore. Amore come passione, non privo, anzi costellato di spine. Amore come sangue, Eros, perché il bocciolo è rosso vermiglio. Ma anche Amore puro, casto. Perché lo stelo è verde. Puro, appunto, come sono solo le piante, il mondo vegetale che si riproduce senza bramosia . Ma la Rosa non è solo lo stelo o il fiore. O le spine. È tutte e tre le cose insieme. Perché la purezza, e il dolore, sfociano pur sempre in una, sempre più forte, anzi assoluta, passione. Che ha colore Rosso.