Lo Stato etico? Svanito nelle nebbie della Storia. La Patria? Nelle migliore delle ipotesi il sentimento riguarda il quartiere o la piccola frazione di un piccolo paese. Con lo Stato trasformato in un comitato d’affari al servizio di banchieri ed oligarchi della peggior specie, è inevitabile che si torni alla dissoluzione dell’Italia. Potrebbe non essere un male, considerando che i livelli più alti sono stati raggiunti durante il Rinascimento. Ora, però, di rinascimentale non c’è più nulla, è rimasto solo lo squallore del Basso Impero senza neppure avere un Impero.
Dunque è inevitabile che salti ogni forma di solidarietà. Tutti contro tutti. E guerra totale tra imprenditori e lavoratori. Con accuse reciproche e cadute di stile senza soluzione di continuità. Da un lato proposte indecenti da 280 euro al mese per 10 ore di lavoro quotidiano per 6 giorni settimanali. E note “firme” della nuova destra atlantista che rimpiangono i bei tempi in cui si otteneva un gelato per 4 ore di lavoro.
Sul fronte opposto imprenditori che si trovano alle prese con richieste di essere pagati in nero per non perdere il reddito di cittadinanza, con giovani che vogliono lavorare nel turismo ma non nei fine settimana. Tutti episodi veri, tutte denunce documentate. Ma possono essere casi isolati.
Il problema, però, non è rappresentato dal singolo episodio più o meno eclatante. Bensì dalla impossibilità di trovare una intesa soddisfacente per entrambe le parti. L’imprenditore si lamenta perché una retribuzione netta di 1.200 euro mensili significa un costo complessivo doppio. A cui si aggiungono bollette, tasse, imposte, balzelli, tempi assurdi (e sono un costo) per fronteggiare la burocrazia. Il lavoratore si lamenta perché 1.200/1.300 euro permettono di sopravvivere, non di vivere. Soprattutto se si abita nelle grandi città del Nord.
Con quella cifra un lavoratore dipendente – al di là della precarietà dei contratti – non potrà mai acquistare una abitazione a Milano, per quanto piccola, e neppure con un mutuo secolare. E un affitto gli porterà via buona parte della retribuzione. Aggiungendo cibo, vestiario, acqua, luce e gas, non resta praticamente nulla. Nulla per divertirsi, per andare in vacanza, per pensare ad una famiglia. Dunque dovrebbe vivere per lavorare e basta. Non proprio una prospettiva esaltante e che favorisca impegno, passione, professionalità.
La soluzione è semplice: aumentare il salario. Semplice ma impossibile per chi ha visto ridursi drasticamente i propri margini. Allora, sostengono i politici, riduciamo il cuneo fiscale: l’imprenditore versa gli stessi soldi ma il lavoratore incassa di più. Facile, no? No! Perché il mancato gettito deve essere compensato. Con nuove tasse o con un taglio dei servizi. Dunque il lavoratore avrà 100 euro in più in busta paga ma, se avrà bisogno di cure sanitarie, pagherà molto di più le prestazioni. Pagherà per la scuola dei figli, avrà ancor meno sicurezza per le strade. Un affare, insomma.
La soluzione non è per nulla semplice. Perché è questo Stato che non funziona. Questo modello economico che crea storture sempre più evidenti. Si riduce la platea di chi può usufruire di momenti di svago, di infrastrutture sportive, di eventi culturali, di una ristorazione di qualità. E si continua ad investire in questi stessi settori poiché non esistono strategie alternative.
Si è scelto di fare un balzo indietro di 150 anni nei diritti sociali, ma ci si sente moderni perché si difendono i diritti civili che non costano nulla. La guerra di Biden e dei suoi maggiordomi sta aggravando i problemi, rendendoli insostenibili per fasce sempre più vaste della popolazione. Ma sul Titanic Italia si continua a ballare, convinti che sull’Isola dei famosi ci sia spazio per tutti.