Tempi duri, più del solito, per gli esecutivi in America latina. Ad essere posti davanti ad una sfida più difficile del previsto sono in particolar modo i presidenti che avevano minimizzato l’impatto del Covid-19.
In piena ottica di superamento delle opposte ideologie è possibile annoverare, fra questi, sia il populista di sinistra Andrés Manuel López Obrador sia l’ultraliberista Jair Bolsonaro.
Il presidente messicano proprio come il leader del Pd italiano Nicola Zingaretti aveva deciso di farsi filmare e fotografare solo una ventina di giorni fa mentre pranzava all’aperto invitando la popolazione a non farsi prendere dal panico e a proseguire la propria vita senza alcuna limitazione. L’incremento dei casi, dopo i primi giunti dall’estero, nel popoloso stato dell’America centrale ha, però, costretto AMLO a tornare sui propri passi decretando la chiusura delle attività non essenziali per l’intero mese di aprile chiedendo anche ai cittadini di provvedere all’autoisolamento scongiurando, per il momento, la necessità del coprifuoco.
Molto più grave la situazione politica per il sessantacinquenne presidente verde-oro che aveva declassato il coronavirus ad una banale influenza in grado di fare molte vittime in Italia solo per l’alto tasso di anziani nella popolazione europea. A mettere in discussione la capacità di governare di Bolsonaro sono stati prima i governatori degli Stati di São Paulo e Rio de Janeiro, João Doria e Wilson Witzel, entrambi di centrodestra che hanno preferito dichiarare il lockdown e poi la triade di ministri venutasi a formare dall’alleanza tra Sergio Moro, ministro della Giustizia, Paulo Guedes, ministro dell’Economia, e Luiz Henrique Mandetta, ministro della Sanità. Lo scontro tra i tre componenti dell’esecutivo e il presidente ha fatto temere alla maggioranza la possibilità di un voto di impeachment alla massima carica istituzionale come quella che depose l’ex presidentessa Dilma Rousseff. Dal proprio canto Bolsonaro ha ricevuto il sostegno di alcuni fedelissimi che hanno manifestato in auto per la difesa dell’economia sfidando le misure di confinamento.
Della sfida tra economia e salute è finito vittima anche lo stato sudamericano dell’Ecuador, dove la paura ha attanagliato anche le onoranze funebri che si rifiutano di prelevare qualsivoglia deceduto lasciandolo nelle case dei suoi cari o scaricando il cadavere per la strada, indipendentemente dalla causa della morte, aumentando la possibilità di contagi e contribuendo a scene raccapriccianti per le vie di Guayaquil. Un dramma, quello dei cittadini ecuadoriani e in particolare della città più popolosa della nazione, a cui il presidente Lenín Moreno non ha saputo dare risposte concrete.