Pochi metri quadrati di fronte ad un condominio privato. Ma in grado di far insorgere le anime belle del politicamente corretto subalpino. Gli abitanti del palazzo, nel centro di Torino, hanno chiesto ed ottenuto di poter proteggere con una cancellata lo spazio privato che, ogni notte prima dell’introduzione del coprifuoco, veniva trasformato in un luogo per bere, chiacchierare, litigare, ubriacarsi, vomitare ed urinare.
E dal momento che, prima o poi, la banda Speranza dovrà rinunciare al coprifuoco notturno, gli abitanti dello stabile hanno deciso di premunirsi con una cancellata che la notte verrà chiusa. Per chi non conosce Torino va sottolineato che, ad una decina di metri, una grande piazza infossata può ospitare migliaia di persone. Dunque non esiste un problema di spazi per giovani nottambuli.

Ma la gauche caviar intello non poteva accettare un simile smacco. Il popolo della movida non ha diritto di esistere sino a quando non ottiene il via libera dagli esperti a gettone e dal pessimo Speranza. Ma non appena il ministro aprirà le gabbie, saranno gli inquilini delle zone di incontro che perderanno ogni diritto. Persino quello di non accogliere a casa propria chi non hanno invitato.
Gli intello subalpini hanno infatti protestato contro una cancellata che rappresenta la chiusura, il rifiuto dell’inclusione, la negazione dell’accoglienza. Se un povero ragazzo ubriaco ha voglia di urinare su un portone privato, perché mai deve essere obbligato a spostarsi di 10 metri per pisciare su un prato pubblico?

Un tempo esistevano, in città, i Vespasiani. Poi eliminati per quello che, ironizzava Gipo Farassino, era definito ‘l decoro ‘d la sità. Dunque il decoro vieta gli orinatoi pubblici ma consente di innaffiare i portoni privati. E chi vuol difendersi con una cancellata, peste lo colga. Purché, sia chiaro, l’urlatore, l’urinatore o il distributore di vomito siano dotati di pass vaccinale.