Come vi abbiamo raccontato in precedenza, Sogin, la società che gestisce il nucleare in Italia, il 5 gennaio scorso avrebbe individuato due siti nell’area Metropolitana di Torino per la realizzazione di un deposito nazionale di rifiuti radioattivi. Le aree torinesi toccate dal progetto comprenderebbero la città di Carmagnola e i comuni di Caluso, Mazzè e Rondissone.
Le proteste della popolazione e dei sindaci proseguono senza sosta. Intanto, la Camera ha approvato un emendamento che proroga da 60 a 180 giorni il termine per la presentazione delle osservazioni alla CNAPI da parte dei soggetti interessati.
Il progetto di Sogin per il deposito nazionale di rifiuti radioattivi
Sogin, la società pubblica incaricata della gestione dei rifiuti nucleari, avrebbe indicato insieme alla CNAPI (Carta nazionale delle Aree Potenzialmente idonee) delle aree in grado di soddisfare alcuni criteri per la realizzazione, previsti dalla Guida Tecnica n.29 approvata nel 2014. Attualmente in Piemonte sono state individuate 8 aree potenzialmente idonee, in parte Torinesi e in parte facenti parte del Vercellese.

Il progetto di Sogin, presentato il 20 gennaio scorso, nascerebbe dall’esigenza di creare un Deposito nazionale di rifiuti nucleari. Stando a quanto previsto, l’area di stoccaggio sarà grande 150 ettari, di cui 110 dedicati al deposito e 40 al parco tecnologico.
Il deposito nazionale delle scorie nucleari sarà costituito da una struttura con barriere ingegneristiche e naturali per il contenimento della radioattività. Sono inoltre previste 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dette celle, dove verranno collocati i contenitori in calcestruzzo speciale. Saranno proprio questi ultimi a racchiudere i contenitori metallici di rifiuti radioattivi. Il sito sarà quanto più possibile armonizzato con il territorio e ricoperto da manto erboso.
Ovviamente, non bisogna dimenticare che l‘immenso progetto consentirebbe investimenti per 90 milioni, nonché l’introduzione di nuovi posti di lavoro: 4000 all’anno per 4 anni di cantiere. Mentre, per quanto riguarda l’occupazione diretta si stima che si possano assumere 700 addetti.
La legge che sottende alla creazione del deposito nazionale di rifiuti radioattivi prevede la possibilità di affiancare allo stabile di stoccaggio anche un Parco tecnologico, dedicato alla ricerca. Nel centro di ricerca, in accordo con le istituzioni locali, le aziende e gli stakeholders, si individueranno una serie di progetti da realizzare.
Va da sé che le intenzioni della Sogin siano più che positive, ma dall’altra parte è giusto ribadire anche gli eventuali rischi. Dopotutto, siamo in Italia e l’errore è dietro l’angolo.
Il disappunto dei sindaci e dei cittadini
La decisione di Sogin di stoccare rifiuti nucleari in questi comuni ha gettato nel panico i sindaci, che si sono dichiarati contrari fin dall’inizio. Un timore del tutto comprensibile, dal momento che la mole di scorie potrebbe toccare i 95 metri cubi, e l’abbattimento richiederebbe un minimo di 300 anni. Considerando che tra i rifiuti ospitati non ci sono solo dispositivi medici provenienti dalla medicina nucleare. Sono infatti gli scarti industriali e le scorie impianti atomici a destare apprensione.

Il deposito radioattivo nell’area TO-10 di Mazzè
Una doccia gelata per i sindaci canavesani di Mazzè, Rondissone e Caluso che hanno espresso il proprio disappunto organizzando incontri con la popolazione e istituendo una raccolta firme dedicata. I Consigli comunali del distretto hanno respinto la Sogin S.p.A. e l’idea dell’area TO-10. “Non siamo contro l’istituzione del deposito in Italia. Anzi, l’Italia, al pari delle altre nazioni, deve averne uno. Ma c’è da considerare che l’area individuata è un’area d’eccellenza a vocazione agricola. Ci sono terreni fertili per la produzione vitivinicola dell’Erbaluce di Caluso, la produzione di nocciole I.G.P, oltre ad avere la falda idrica e delle problematiche dal punto di vista geologico” replica la sindaca di Caluso, Mariuccia Cena. La creazione del deposito porterebbe, a detta delle istituzioni coinvolte, a “pesanti conseguenze sull’immagine e sulla reputazione dei brand“.
Il 1 marzo scorso, il Consiglio comunale di Chivasso ha approvato un ordine del giorno contro il possibile insediamento del Deposito nazionale di rifiuti radioattivi. Il primo cittadino chivassese, Claudio Castelli, ha ricordato che i confini comunali sono particolarmente saturi dal punto di vista ambientale. Esso, Rivoira, l’ex area Lancia, sono solo alcuni degli stabilimenti che invadono il territorio, portando con sé rischi non trascurabili per la salute.

Il deposito radioattivo nell’area TO-7 di Carmagnola
L’area di Carmagnola è stata giudicata la seconda più idonea, su 67 siti analizzati. Tuttavia, la sindaca si è detta fortemente contraria all’opera. E senza gettare alcun dubbio, ha disposto fin da subito una serie di azioni per bloccare l’attuazione del deposito contattando il presidente della Regione e il vicesindaco della città Metropolitana. Le motivazioni ambientali e produttive sono alla base del fermo “no” del comune. D’altronde Carmagnola è la patria del peperone e l’introduzione di un colosso ambientale di questo tipo graverebbe sulle condizioni della filiera produttiva. Non solo, a detta dell’amministrazione il sito non si troverebbe a debita distanza dal centro abitato di Casanova. Per non parlare della svalutazione immobiliare della zona e della perdita di attrattività. A sostegno del comune sono intervenute le amministrazioni limitrofe, che hanno sposato la causa promuovendo diverse azioni di contrasto.
La disponibilità del sindaco di Trino
A dispetto degli altri comuni, Trino si è dimostrato favorevole a discutere con la Sogin del deposito. Tanto che il sindaco Daniele Pane si è espresso in proposito affermando: “Per noi ospitare un deposito unico nazionale non è un problema, è la soluzione del problema. Noi il problema già ce l’abbiamo, senza evidenze scientifiche, statistiche, di rischio per la popolazione.” E aggiunge: “La nostra preoccupazione? Che non facciano il deposito da nessuna parte, e rimanga tutto così. Io non vorrei ritrovarmi tra 30-40 anni nella situazione di avere una condizione non risolutiva”.
Successivamente, Pane ha espresso la propria solidarietà nei confronti dei sindaci dei comuni indicati. Comprendendo del tutto le volontà dei territori di non ospitare il deposito, ha spiegato: “Chi si prenderebbe un problema se non ce l’ha già sul territorio?“