Portato a casa il risultato minimo, con la nomina dei presidenti di Camera e Senato, il destracentro deve pensare a come risolvere i contrasti interni alla coalizione. Perché è evidente che lo scontro con Forza Italia e Berlusconi avrà uno strascico. Non politico bensì umano. Il che è molto peggio, considerando che a livello politico la sostanza è praticamente inesistente.
Il vecchio sultano di Arcore ha sbagliato i conti, sia perché l’età non aiuta nella prontezza dei riflessi per accorgersi dei mutamenti della realtà, sia perché Berlusconi è circondato da personaggi privi di capacità politiche. E questo rende Forza Italia un partito scalabile o svuotabile. Gli esponenti meno anziani sanno perfettamente che il partito azienda non sopravviverà al suo fondatore. Dunque dovranno riciclarsi nella Lega, in Fratelli d’Italia o nella formazione di Calenda e Renzi. A seconda della scelta la maggioranza di destracentro vivrà giorni tranquilli o burrascosi.
Di certo Berlusconi non perdonerà Meloni. Magari le sorriderà nelle occasioni ufficiali. Ma il vecchio sultano non dimenticherà lo sgarbo del veto contro la fedelissima Ronzulli e nemmeno il sostegno ottenuto dall’opposizione. Una doppia sconfitta che evidenzia la fine politica del leader centrista. La fine di una stagione, di un’epoca.
Ma la salute della coalizione dipenderà anche dalle scelte della Lega. Proseguendo sulla strada attuale Salvini porterà il partito ad una inesorabile scomparsa. Non alla sconfitta ma alla sparizione definitiva. Servirebbero idee nuove, proposte credibili. Ma le idee camminano sulle spalle degli uomini e l’attuale classe dirigente leghista ha dei limiti considerevoli. Soprattutto a livello locale, ossia dove la Lega aveva la sua forza basata sul rapporto con la base e con la popolazione di paesi e cittadine. Il potere, però, ha fatto montare la testa a persone che non potevano permetterselo. Candidature sbagliate a raffica, sconfitte attribuite sempre al destino cinico e baro e mai al responsabile della scelta di incompetenti arroganti ed incapaci. C’è la volontà di cambiare rotta o si preferisce la rassegnazione?
Indubbiamente a Giorgia Meloni farebbe comodo avere una Lega minoritaria ma ancora forte. Per dividere le responsabilità, per raggiungere elettori diversi. In caso contrario Fdi rischia di trasformarsi in una nuova “Balena Bianca” (di “nero” non è rimasto nulla) ma senza la capacità democristiana di gestire la lotta tra le infinite correnti. Al momento, tra l’altro, sembra quasi che i caporali di giornata che circondano Meloni preferiscano indebolire ulteriormente i propri alleati. Mostrandosi inflessibili all’interno della coalizione tanto quanto sono arrendevoli rispetto alle pretese degli avversari.
Un atteggiamento spiegabile con l’ebbrezza della vittoria, ma estremamente rischioso in prospettiva.