Avvolta in un manto vermiglio. I capelli di fuoco. Fiamme sullo sfondo. E una brace luminosa nel palmo della mano.
Affascinante questa strega, penso. Ma non è una strega, mi corregge colei che ha pubblicato l’immagine su fb. È Hestia. Dea greca.
La guardo. Insolito vedere una rappresentazione di questa Dea. Chissà dove l’avrà trovata… I greci non erano soliti raffigurarla. Forse l’unica fra le dodici divinità principali dell’Olimpo che non ha subito appieno il processo di rappresentazione in forma antropomorfa. Che è, tutto sommato, abbastanza tardivo. Perché, per molto tempo, Zeus è stato l’aquila e la quercia, Atena la civetta e l’ulivo, Apollo l’alloro e molte forme animali, anche il lupo… Poi sono arrivati Fidia e Polignoto… E soprattutto i Sofisti… E gli Dei sono divenuti simili ad uomini e donne. Solo più belli. Perfetti.
Ma Hestia è sempre stata ben poco rappresentata. Se non in epoca davvero molto tarda. Ricordo un arazzo egizio del IV secolo dopo Cristo. Poco altro. È sempre rimasta a livello simbolico. Pietre erette, Erme. Perché veniva in questo associata ad Ermes, di fatto suo nipote. Il Cerchio. Ché le figure geometriche derivano dalle divinità elleniche. E dalle loro funzioni. Come ancora sapeva bene la Scuola di Pitagora.
E, ovviamente, il Fuoco. Ma non il fuoco che arde nella fucina. Che fonde e piega i metalli. Quello era Efesto. Hestia era il fuoco che ardeva nel focolare, che scaldava e riuniva. Che rassicurava. Che manteneva viva la tradizione.
Presso i Romani fu identificata con Vesta. E ricevette un culto particolare. Perché non era solo la Dea del focolare domestico. Ma quella del Fuoco sacro che mai doveva spegnersi, perché rappresentava Roma. O meglio la continuità della Res Publica.
Culto antico. Che precede la stessa fondazione dell’Urbe. Se è vero che Rea Silvia la madre di Romolo e Remo era una Vestale. E che Marte proprio dal fuoco si manifestò. Ingravidandola dei Gemelli. Dal fuoco di Vesta. Nel mito arcaico, una lingua di fiamma che le penetrò nel ventre…
Ma lei Hestia o Vesta era, per eccellenza Dea Vergine. Apollo e Poseidone se l’erano contesa. Ma erano stati rifiutati entrambi. E Priapo, ebbro, aveva tentato di possederla. Ma era stato scoperto e scacciato.
Non è protagonista di miti. La possente e immaginifica fantasia ellenica la sfiora appena. Il suo ruolo è altro.
Il cerchio, dicevo. Il cerchio del focolare domestico. Ove si raccoglie la famiglia. Il cerchio, più ampio, ove il fuoco raccoglie il Popolo. Che è un insieme di famiglie. A Roma sopratutto, ove vigeva un ordinamento gentilizio.
Il Fuoco che non deve mai spegnersi. Sempre alimentato. Secolo dopo secolo. Generazione dopo generazione. Altrimenti…
Altrimenti la famiglia verrebbe dispersa. Il Popolo non esisterebbe più. Solo individui isolati. Anomici. Privi di Nomos, di legami e di leggi. Pertanto… schiavi…
Guardo ancora questa immagine di Hestia. È bella. Forse un po’ oleografica. Ma bella. Molto.
Mi appare remota…. Come quel Fuoco. Come quel tipo di famiglia. Quell’idea, vivente, di Popolo.
E penso a cosa sarà il prossimo Natale. In fondo la versione moderna del fuoco che ardeva sull’antico altare delle Vestali. E che ne prese il posto, dopo che Teodosio vietò l’antico culto…
Un fuoco che qualcuno sta cercando, in tutti modi, di spegnere definitivamente. Usando la nostra viltà. Il nostro cieco egoismo.