La Luna Piena. La luna di blu di Halloween è ormai trascorsa. Ho passato parte della notte – inquieta, insonne – a guardarla dalla terrazza. Sempre meglio che ascoltare la televisione, il martellante insistere sul Covid, la pandemia, i fantasmi della paura… Sempre meglio che perdere diottrie sui social, che anche questi solo di certi temi parlano. Perché il mondo è malato. Lo è, soprattutto, l’Italia. Non del fantomatico virus, certo. Di un’altra, ben più pericolosa ed invasiva malattia. Mentale. Psichica. La paura. La paura del nulla. Che prende le forme del panico. O dell’angoscia. Che ti divora dentro. Nella solitudine.
Meglio, allora, guardare la luna piena. E pensare al Mal di Luna. Anzi sfidarlo. Ché un’antica credenza ricorda che fissare troppo a lungo la luna piena può far ammalare. Far diventare… lupi.
La licantropia. Il Lupo Mannaro. Derubricato, nel ‘700, ad una patologia psichiatrica. Per altro storia vecchia, già classificata da Galeno. E che la malattia vi fosse, per quanto rara, è indubitabile. Come è indubbio, però, che si sia sempre contaminata con altro. Paure ataviche. Superstizioni. Di cui è, inquietante e melanconia, declinazione la novella di Pirandello. “Mal di Luna”. Appunto…
Già, superstizione… Ma la superstizione è, etimologicamente, la sopravvivenza, l’eco remota di credenze, e anche conoscenze antiche.
Lo sciamano che si rivestiva di pelli di lupo. E mutava forma, identificandosi con l’animale totemico. Il Lupo progenitore di stirpi guerriere. E temuti condottieri. Gengiz Khan, il Gran Lupo Azzurro. L’antenato dei Turchi Osmanidi. Il Lupo Grigio. Ma anche i littori romani.
Il Lupo è da sempre un compagno dell’uomo. Simbolo di forza, da evocare. Di capacità di agire in branco, ma anche di scegliere, e sopportare, la più assoluta solitudine. La solitudine della steppa Desolata e immensa. Come la città moderna. In cui si aggira il Lupo della Steppa di Herman Hesse.
Ma il lupo rappresenta anche una sorta di atavica angoscia. Che non è una semplice paura. Perché questa, a ben vedere, ha bisogno di un qualcosa, un oggetto, diciamo così, che la evochi. Ha una sorta di corpo. Una sostanza. L’angoscia no. Ti rode dentro senza motivo. È il nulla. Ma il nulla assoluto che avanza e ti divora. Non a caso, Michael Ende, in quella moderna fiaba filosofica che è “La storia infinita”, rappresenta il Nulla che sta annientando, un po’ alla volta, Fantasia, come un gigantesco, mostruoso Lupo. Dotato, però, di voce e parola umana.
E forse non è altri che Fenrir, il Grande Lupo, il Mannaro per eccellenza delle saghe norrene. Il figlio di Loki, che alla fine dei tempi sbranerà il sole. Ed ucciderà lo stesso Odino.
E una Lupa è la bestia immonda di Dante. Che si ammoglia con tutte le altre. E che solo il Veltro, il veloce cane da caccia emblema di Christo, potrà ricacciare nell’inferno….
Guardavo la Luna, l’altra notte . E pensavo al lupo. Alla forza che infondeva in antichi Guerrieri. Di cui oggi non sembra essere restata traccia.
E pensavo al Mal di Luna. Al licantropo, che poteva essere ucciso solo con un’arma d’argento. Perché l’argento è il metallo lunare… E penso, ora, ad uno dei più grandi romanzi mai scritti. “Il manoscritto ritrovato a Saragozza”. Il suo autore, il nobile avventuriero polacco Jan Potocki, si uccise, dicono, con una pallottola d’argento. Limata, pazientemente, per molti giorni . Forse temeva d’essere afflitto dalla licantropia. E sentiva prossimo il momento in cui avrebbe mutato forma. Divenendo un bestiale, mostruoso Mannaro…
Forse, sentiva dentro di sé l’angoscia, il nulla che avanzava inesorabile. E, completato il suo capolavoro, volle, così, esorcizzarlo. Era il 23 dicembre del 1815. E il suo mondo, quello in cui aveva a vissuto e lottato, stava inesorabilmente svanendo. Divorato dal nulla, appunto, della modernità… Non posso saperlo, ma voglio pensare che quell’antivigilia di Natale, nel cielo cupo di Uładòwka, una grande Luna piena illuminasse la terra innevata…