Niente mercatini. Niente mercatini di Natale in primo luogo. Lo ha deciso, in nome della preziosa salute dei suoi devoti mascherati e impanicati, il fine dicitore di DPCM. Il Dominus di questa italietta da strapazzo, priva di nerbo. E ormai depauperata di ogni tradizione. E quindi, di vita.
Perché le tradizioni, gli usi, le celebrazioni corali di date e feste non sono mere occasioni di gozzoviglie. Di assembramenti, se preferite l’aborto in uso nella neolingua Covidiota.
Sono i Mores, come ben sapevano e dicevano i Romani. Quelli antichi. Quelli veri. Che dominarono il mondo. E che, soprattutto, al mondo diedero la Legge. Ovvero un diritto che stabilisce il primato della persona. Roba vecchia si dirà. Ora dobbiamo pensare ad altro. Alla salute. A non morire…
Comunque Festa deriva da “fas”. E quindi da Fasti. Ovvero le cadenze che segnano il ciclo dell’anno. E che mettono in relazione il mondo degli uomini con il Cosmo. Sono snodi musicali. I momenti fondamentali di un’armonia. Le necessarie Pause che intervallano il succedersi dei suoni. E senza le quali la musica diventa solo dissonanza. Rumore confuso. Assordante e stordente.
Ma torniamo ai mercatini di Natale. Oggi proibiti. Che è, poi, come proibire il Natale stesso. Con l’approvazione, e la benedizione dello stesso attuale inquilino del Vaticano. Rumore di ossa che stridono e si agitano nei sotterranei ove riposano Pietro e i suoi successori…
Non sono, anzi non erano solo importanti attività economiche e forti incentivi per il turismo. Rappresentano, o meglio (purtroppo) rappresentavano il segno visibile di una tradizione superiore. E invisibile.
Pensate ai Mercatini del Trentino e dell’Alto Adige. Meritatamente i più famosi d’italia. Perché sono da sempre i più belli. Ricchi, caldi. Accoglienti.
Ci si aggirava per villaggi incantati, piccole baite di legno che davano l’impressione di essere abitazioni di elfi, gnomi, operosi nani…
E sui banconi prospicienti un trionfo di forme, colori, oggetti. Giocattoli che facevano sgranare gli occhi ai bambini. Anche perché diversi da quelli, algidi e cellofanati, di produzione industriale, quasi tutta cinese ormai, che si possono trovare nei supermercati, edicole, negozi… Qui potevi vedere giocattoli di legno e bambole di pezza, trottole a mano e automobiline di latta… E poi carillon con musiche natalizie e miniature di villaggi innevati, laghi ghiacciati e figurine che pattinano…
E decorazioni per l’abete, palloncini di vetro, nastri scozzesi e multicolori, bastoncini di zucchero ricurvi, pupazzetti di neve, piccoli babbi natale…
E i presepi, poi…. Statuine di terracotta secondo la tradizione napoletana o sicula, con abiti sontuosi di broccato… più austere figure intagliate nel legno e dipinte a mano da artigiani della Val Pusteria…
E i profumi, poi… L’odore, onnipresente, di resine, E l’aroma dei cibi. Dolciumi di pasta frolla e marzapane. Salumi e insaccati aromatizzati con bacche di ginepro. Pani speziati e ricoperti di cumino. Strudel dolci e salati. Leccornie d’ogni tipo. Il segno visibile dell’abbondanza che si spera, e invoca, dal Nuovo Anno..
Il vin brulè. I capaci calderoni di rame ove bolle con lo zucchero, la cannella, i chiodi di garofano… E dove viene incendiato. Fuoco che illumina la notte e invoca la resurrezione del Sole. Bevanda che riscalda, infonde allegria, piacere… Rito di estasi dionisiaca inconsapevole. E rito comunitario. Che rinsalda i legami di un paese, di amicizia e solidarietà.
Tutto ciò che, oggi, la malafede e la protervia di pseudo scienziati inetti, di politici corrotti, di ottusi servitori di oscuri interessi vuole negarci.
E sopratutto vuole impedire che, accendendo le luci dei mercatini nel periodo più buio dell’anno, si invochi il ritorno del Sole. Perché a costoro il Sole, la luce incute davvero terrore. Sono esseri dell’ombra, che allignano e prosperano solo nelle tenebre…
Tutto questo sta venendo negato a noi e, soprattutto, ai nostri figli. Ma che importa? Per i più conta solo la salute. Restare in vita, sopravvivere. Trascinarsi in una non esistenza ectoplasmatica ancora per qualche mese. O settimana.
Buon periodo dell’avvento.