In queste notti, se il cielo è sereno, se il primo vento davvero freddo ha spazzato via le nuvole autunnali gravide di pioggia, si possono vedere i Pianeti. Non solo Venere che annuncia l’aurora. Non solo Marte avvolto da un vago alone rossastro. O Giove, brillante nella lontananza. Tutti i pianeti. Tutti e sei. Saturno e Mercurio. Oltre, naturalmente alla Luna.
Lo so, il nostro sistema solare comprende anche Urano, Nettuno… E su Plutone, il più lontano, si discute, tra gli astronomi, se possa ancora essere considerato pianeta, o declassato ad un ammasso di rocce rotante intorno alla nostra stella… Ma questi sono pianeti scoperti in età recente con possenti telescopi. E con calcoli matematici… Io stavo parlando d’altro. Di un fenomeno raro. Che si può vedere ad occhio nudo. Come usavano fare gli antichi. I primi, veri, astronomi. Dalla cima delle montagne nelle notti, terse, dell’inverno settentrionale. O dalle Zigurrat, ai margini del deserto. Guardando un cielo non velato dalle luci artificiali. Gli antichi che diedero nome alle Costellazioni e ai Pianeti. O che, forse, sentirono risuonare quei nomi nel vento, che colmava il vuoto e il silenzio.
Ancora Platone diceva che gli astri erano la presenza visibile degli Dei. Eco di un sapere antico. La sapienza che risale a Babilonia. Ai Sumeri. E, probabilmente, ancora più addietro nei secoli. Nei millenni. In quella che chiamiamo preistoria, ma solo perché antecedente ad ogni documentazione scritta. E che erroneamente consideriamo età oscura, primitiva. Mentre chissà quante e quali civiltà restano per noi celate in quel cono d’ombra.
Le religioni, tutte, hanno un legame con gli astri. Non per nulla Cristo invita a pregare il “Padre nostro che stai nei cieli”. E anche il Profeta dell`Islam indica il Cielo come dimora di Allah. Retaggio dell’arcaico, e arcano, culto astrale, che mai è stato totalmente rinnegato e cancellato.
“Voi che intendendo il terzo ciel movete” dice Dante. Perché le Gerarchie Angeliche, secondo la lezione di Dionigi l’Aeropagita, coincidono con i Cieli. E quindi con i Pianeti che possiamo contemplare nella volta celeste.
Ora, però, compaiono tutti insieme. Evento raro, dicevo. E grande ecccitazione fra gli astrofili dilettanti. Categoria cui non appartengo.
Io mi limito a guardare questo cielo. E a cercare di individuarli, nonostante il riverbero delle luci della città. Riverbero ora attenuato, da restrizioni imposte. E dalla crisi, incombente anche sul prossimo, strano, Natale.
Guardo il cielo. E mi interrogo… o meglio, cerco di interrogare il cielo. Come facevano gli antichi. Che nella presenza simultanea dei pianeti avrebbero sicuramente letto un presagio. Un volere degli Dei. O, forse, addirittura il segno che qualcosa sta mutando…. Che si prepara un’epoca nuova. Migliore? Peggiore? Domande senza risposta. E forse addirittura prive di senso….
Ma non sono un astrologo babilonese. Né un druida nel grande cerchio di pietre. Sono, purtroppo, un uomo di questo tempo. E i pianeti, gli antichi Dei non mi rispondono. O, più probabilmente, sono io a non avere la capacità di sentire la loro voce…
Eppure…
Vado a dormire con una strana sensazione di calore nelle membra. Anche se stasera il vento è decisamente freddo.