Delle foto…. alcune vivide, altre sfocate. Uomini, più che altro ragazzi e bambini, insieme a delle renne. Addomesticate. O per lo meno, abituate ad una forma di coesistenza con gli uomini. Con certi uomini, appartenenti a popoli ancora capaci di un rapporto simbiotico con la natura. Di vivere con gli animali . Prendendo da loro il necessario. Senza sfruttarli. Senza renderli schiavi….
Tsaatan, nella Mongolia esterna. E le foto ritraggono una tribù di mongoli. Tra gli ultimi, con i loro cugini Lapponi, ad essere “pastori di renne”. Ovvero a seguirle nelle loro migrazioni. Senza pretendere di dirigere, però. Non sono pecore. Sono renne. Animali liberi, orgogliosi. Magici.
È ovvio che il pensiero corra subito alle renne di Babbo Natale. Ovvio anche per la stagione in cui stiamo entrando. Dove il primo vero freddo, un ventaccio del nord che ha ripulito il cielo delle nubi d’autunno, ti fa immaginare remote dimore polari. Ove indaffarati elfi – che un po’, a dire il vero, somigliano a Lapponi e mongoli – accudiscono le renne magiche, lucidano i finimenti, restaurano la Slitta perché tutto sia pronto per la Grande Notte….
Fantasie infantili… nelle quali, però, continua a risuonare l’eco di altre stagioni, di inverni remoti e ben più lunghi e rigidi di quelli cui siamo oggi adusi.
Echi di racconti immersi nella neve, e di uomini che in quei paesaggi si muovevano con sguardo diverso dal nostro. Capaci di entrare in sintonia con la natura. Di parlare con le piante e con gli animali. Di ascoltarli, soprattutto.
Cacciatori e pastori che seguivano i branchi lungo sentieri impervi, tracce nella neve di lunghe migrazioni, sempre uguali. E sempre diverse. Come il Tempo, che è una spirale che si avvolge su se stessa…
Quegli animali divennero simboli. Non, però, per azione di un pensare astratto. Intellettuale. Piuttosto per percezione della loro natura. Delle forze chi incarnavano.
La renna resta indissolubilmente legata alla Luna. Il grande palco di corna che le adorna la fronte, la capacità di avanzare anche quando la coltre di neve è più spessa. La leggenda secondo la quale ha il potere di cangiare il colore del manto a seconda della stagione. Tutti elementi che contribuiscono ad un’immagine astrale. Di cui è riflesso nei film e cartoni natalizi l’ombra della Slitta trainata dalle renne che si staglia nella luce della Luna. E rapida l’attraversa. Sparendo nel cielo oscuro.
Per questo la renna ha il potere di volare. E le renne volavano molto prima che venisse pubblicata, nel 1823, quella poesia o, se vogliamo filastrocca anonima – forse di Clarke Moore, forse di Henry Livingstone Jr. – intitolata “A visit from Sant Nicholas’. E che tutti, però, oggi conoscono come” The night before Christmas”.
IL suono magico dei campanelli. L’attesa accanto al fuoco scoppiettante e alla luce tremolante delle candeline poste sull’abete.. Il rumore, sordo, della slitta che atterra sul tetto. Lo schiocco della frusta. E il sibilo delle renne in volo.
Magia del Natale. Magia che risale a ben prima delle moderne iconografie pubblicitarie. E a prima che il Natale stesso avesse nome.
Perché le renne volano da epoche remote
Nelle Rune norrene la Renna è legata a Isa. Divinità femminile. Una delle Norne, che tessono il destino degli uomini. E di tutto ciò che è, che era e che sarà. Isa è la runa di Verðandi. La Norna del tempo presente. Ed è anche, però, connessa con la Regina dei Morti, Hell. Per questo la Renna è un animale psicopompo. Che guida le anime agli inferi. E conosce le vie segrete oltre la realtà apparente in cui viviamo. O crediamo di vivere…
Le renne di Santa Claus volano attraverso il tempo. Non soggette al suo ordinario scorrere. Perché appartengono ad un altro piano. Dove tutto è perennemente presente. Per questo la Notte di Natale, ogni Notte di Natale, è infinita. E per questo la slitta può visitare ogni casa, in ogni luogo della terra.
E i doni che Babbo Natale reca vengono da un altrove, da una dimora segreta, Polare, che nessun uomo, nessuna spedizione scientifica, nessuna ricerca coi satelliti potrà mai raggiungere o scoprire. Mentre le renne conoscono bene la via per giungervi. E per tornare.
Miti, storie del profondo Nord. Un nord non geografico. Più che altro una… dimensione interiore. Eco ancestrale. Rievocata da alcune foto insolite in un’aurora già invernale. Mentre il vento soffia gelido. Ed il cielo è un’immensità azzurra…