“La concezione dei diritti umani – scrive Hanna Arendt – è naufragata nel momento in cui sono comparsi individui che avevano perso tutte le altre qualità e relazioni specifiche, tranne la loro qualità umana […]. Se un individuo perde il suo status politico, dovrebbe trovarsi, stando alle implicazioni degli innati e inalienabili diritti umani, nella situazione contemplata dalle dichiarazioni che li proclamano. Avviene esattamente l’opposto: un uomo che non è altro che un uomo sembra aver perso le qualità che spingevano gli altri a trattarlo come un proprio simile”.
A 70 anni dall’approvazione e dalla proclamazione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, è giunto il momento di interrogarsi sulla separazione concettuale tra “nuda vita” – l’individuo che non è altro che un uomo – e “vita politica” (Agamben).
La diffusa accettazione della pericolosa dicotomia da parte degli intellettuali e dei tecnici ha portato all’affermazione di un ipocrita e degenerato ‘dirittoumanismo’, sempre più distante dal fondamento naturale e sempre più imperniato su logiche autodeterministe, tali che i diritti umani sembrano ormai poter essere scudo solo e soltanto di chi il proprio diritto è ancora in grado di enunciarlo, dell’individuo che non è soltanto “null’altro che un uomo”, qualità non più sufficiente ad attribuirgli “la vita degna”, ma che è in grado di imporsi come portatore di un’istanza ‘politica’ socialmente apprezzabile.
Penso al fine vita, all’aborto (potremmo dire “disponibilità dell’inizio vita”), alle soppressioni dei “depressi” nella ‘civile’ Europa, alle pronunce costituzionali che assimilano la morte ad un trattamento terapeutico, ma anche a tutti i “desideri” del consumatore occidentale che assurgono a dogma e quindi a diritto che si vuole inalienabile (il diritto “al figlio”, per dirne uno, che rende i diritti del bambino – ad avere un padre e una madre ad esempio – possibili di una singolare sospensione), all’animalismo più degenerato.
Penso infine ad una provocazione che trovai interessantissima che diceva più o meno “oggi l’uomo non si ricorda più se vale quanto un animale o se vale ancora meno”.