Purtroppo la crisi Covid19 occupa gran parte degli spazi giornalistici nazionali e globali, lasciando in secondo piano uno dei problemi più seri del nostro tempo: la salute dei nostri figli.
Ma come, con tutti i protocolli sanitari nelle scuole per proteggerli dal contagio? Ebbene si, proprio quelle nuove regole di comportamento potrebbero aggravare una situazione psicologica e fisica già pessima nelle giovani generazioni, tipicamente abituate a stili di vita sedentari, viziosi e tendenzialmente solitari. Con le norme sul distanziamento “asociale” e la mascherina in bocca per tutta la durata delle lezioni, temo che la propensione alla depressione e all’irrigidimento mentale aumenterà nei prossimi anni. Aprendo la strada ad altre problematiche ancora più gravi.
Proprio l’altra notte (purtroppo certi approfondimenti sono confinati solo nelle ore più buie), infatti, passava in tv un reportage molto documentato su alcune pratiche che gli adolescenti di tutto il mondo, e a volta persino i bambini sotto i dieci anni, mettono in atto nei momenti di solitudine: una è chiamato “gioco del soffocamento” e consiste nel legarsi al collo una corda e fissarla ad un palo, quindi senza rimanere sospesi da terra simulando una impiccagione, fino a perdere i sensi e inevitabilmente la vita; l’altro è il “blue whale” che spinge i ragazzini a compiere numerosi gesti di autolesionismo e contrizione psico-fisica, per esempio guardando “dark movies” in tv nelle ore notturne, con l’esito finale del suicidio programmato.
Già perché lo scopo di questi passatempi per teenagers è il suicidio assistito e organizzato! È vero che proprio in questi giorni il Parlamento sta deliberando una nuova legge sul tema del “suicidio di Stato”, legittimando di fatto coloro che intendono togliersi la vita con l’ausilio di medici e strutture sanitarie pubbliche. Però qui stiamo parlando di giovanissimi, adolescenti e anche meno, che seguono pedestremente, come è caratteristico della loro età, istruzioni di perfetti sconosciuti i quali attraverso il web li manipolano per condurli alla morte consapevole.
La cosa che colpisce di più, oltre alla tragedia in sé appena descritta, è stato il silenzio assordante che quasi tutti i mass media globali e globalizzati hanno riservato a simili fatti. Anzi, addirittura qualche fonte autorevole ha persino bollato queste notizie come “fake” e ridicolizzato chi cercava di renderle pubbliche.
Inutile dire che sono coinvolte appieno, nel pieno svolgimento del loro ruolo pubblico, anche le forze dell’ordine di tutti i paesi del mondo dove questi fenomeni sono diffusi, dalla Russia al Brasile, dalla Francia all’Italia: dove, forse in pochi lo sanno, a causa di questi giochetti sono già morti diversi minorenni. Eppure c’è chi dice che non è vero o chi semplicemente ignora questi episodi gravissimi di cronaca.
Non parliamo poi di provare a indagare sul fenomeno, per cercare di capire chi possa desiderare la morte programmata e guidata di giovani anime, costruendo meccanismi satanici per attrarre la loro attenzione al punto di spingerli al gesto più estremo senza che i genitori, gli amici o gli insegnanti che li frequentano tutti i giorni se ne accorgano.
Ogni giorno, accendendo la tv su qualsiasi network nazionale, assistiamo a programmi che ad ogni ora ci raccontano casi di cronaca nera, gialla, bianca, rosa e persino blu (ossia il gossip sui sovrani britannici o spagnoli), mettendo in scena processi mediatici, reportage sui luoghi dei fatti, spesso con risvolti penali e gravemente lesivi dell’etica e deontologia professionale del giornalismo, scatenando le emozioni più negative dell’audience. Ma mai una volta che si sia parlato di questi casi. Dicono che bisogna mantenere il silenzio per non impressionare l’opinione pubblica e creare falsi allarmismi. Meglio terrorizzarci col Covid19…
Sappiamo da tempo che i ragazzi sono spesso protagonismi di atti al limite del pericolo, imitando gli adulti oppure praticando giochini “hard”, che a volte si trasformano in tragedia: dal “balconing”, ossia il tuffo dal balcone di un edificio nella piscina sottostante a diversi metri, ai selfie fatti mentre si è appesi ad una gru o sospesi nel vuoto, oppure lo sfidare il treno in corsa in arrivo aspettandolo sui binari sorridendo. Non che i più adulti fossero meno incoscienti alla medesima età, quando i passatempo borderline erano le corse in moto o in auto, l’inalazione dei solventi per sballarsi oppure la roulette russa.
Dagli anni ’60, inoltre, tra i giovani si è diffuso enormemente l’uso delle droghe pesanti, dal Lsd all’eroina, per passare alla cocaina e infine al crack, mentre negli ultimi tempi si preferiscono le pasticche di acidi o di altre sostanze che danneggiano in modo irreparabile il cervello e i tessuti corporei. Ma tutto questo, in un certo senso, era più legato allo spirito di ribellione e autodistruzione tipico delle generazioni più giovani, che sebbene fossero consapevoli dell’alto rischio di morte o di conseguenze gravi per la propria salute, potevano comunque in qualsiasi momento uscire dal game e salvarsi.
Con questi ultimi giochietti, invece, i ragazzini entrano in un meccanismo infernale che li porta a realizzare consapevolmente di realizzare il proprio suicidio. Probabilmente il tutto viene costruito a livello inconscio, mediante tecniche subliminali di persuasione cui siamo abituati anche dalla normale programmazione televisiva o cinematografica.
La differenza sui teenagers sta nello strumento che maggiormente utilizzano, tanto da essere divenuto un’estensione utensile del loro braccio e cervello, ossia lo smatphone: grazie alla connettività h24 e ai giga regalo messi loro a disposizione da ogni compagnia telefonica, i ragazzini praticamente “vivono online” senza sosta, estraniati quasi totalmente dal mondo reale che li circonda per immergersi in videogames, socials e chatting sempre più diffusi, anche attraverso il cd. “deep web”.
Tutte cose che le autorità di pubblica sicurezza italiane e internazionali conoscono perfettamente. Per cui davvero non si comprende, per esempio, la corsa di numerosi/e vip nostrani a presenziare con dirette “live”o “storie” nei social dedicati ai minori, TikTok su tutti.
È del tutto evidente che, ormai, il target dei minorenni è diventato centrale sia per le politiche commerciali delle big companies del settore ICT/TLC, che essendo divenute indispensabili alla trasformazione digitale del pianeta, assumono una funzione strategica fondamentale, sia sul piano tecnologico che su quello culturale ed educativo.
Cose che l’Authority alla Comunicazione dovrebbe aver compreso da tempo. Soprattutto quando si tratta di proteggere i minori dai pericoli che la nostra società (così evoluta…) ancora offre ai nostri figli. Perché nel mondo di oggi esistono ancora diffusissime pratiche di sequestro, tortura e abuso sui minori, i quali spesso si ritrovano soli nel mondo e magari poi sbarcano sulle nostre coste insieme ai migranti maggiorenni. Per non parlare delle violenze domestiche (chiedete a Telefono Azzurro) che sono in costante aumento anche nell’Occidente dei diritti e delle belle anime. Si potrebbe allargare il discorso a tutte le altre pratiche sconvenienti che, sempre più, riguardano i minori in tutto il mondo, cui sembra che le istituzioni e i potentati non riescano a far fronte e anzi, in alcuni casi, clamorosi ne sono persino complici.
Auguriamoci dunque che presto venga fatta un po’ di pulizia in questo mondo orrendo che soggiace silente a quello che conosciamo ogni giorno nel nostro quotidiano. E che magari i mezzi di informazione, in primis quelli di “pubblico servizio”, comincino a parlarne e a rendere noto il problema, anche agli stessi minori. Perché come insegnava quel saggio, millenni fa, “il sapere rende liberi”.