Il Digitale come leva dello sviluppo economico. L’importanza della digitalizzazione per fronteggiare l’emergenza Covid e rendere più resiliente il sistema economico, che attraversa una fase di transizione tecnologica. La digitalizzazione è oggi al cuore di una politica industriale moderna, soprattutto per promuovere le Pmi. Per queste ragioni la digitalizzazione dell’industria, anche nella prospettiva della transizione verde, sarà uno dei pilastri della futura ripresa economica.
l Digital divide è la mancata uniformità, tra gruppi sociali distinti, per quanto riguarda l’accesso, l’utilizzo e l’impatto delle tecnologie ICT (Information and Communications Technology). Questo divario digitale si traduce, spesso, in forme di disparità a livello istruttivo, economico, di opportunità di carriera.
La digital readiness – ossia, letteralmente, l’essere digitalmente pronti – avrebbe influito, secondo la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo UNCTAD, sulla prontezza e l’adeguatezza della risposta dei diversi Paesi alla pandemia in corso. Dalla gestione di servizi essenziali, come quelli della pubblica amministrazione e della sanità, alla possibilità di spostare in remoto le principali attività lavorative del Paese, passando per i primi esperimenti di contact tracing, del resto, è apparso chiaro fin da subito che il digitale, in tutte le sue forme, potesse avere un ruolo chiave nella gestione dell’emergenza sanitaria. In molti paesi, Italia inclusa, però un binomio si è affacciato prepotente: coronavirus e digital divide .
Un tempo era semplice definire il divario digitale semplicemente nei termini di accesso o mancato accesso alle tecnologie ICT. In un contesto come quello odierno in cui, solo per fare qualche esempio, sono aumentate a dismisura le connessioni mobili e quasi il 95% della popolazione globale può sfruttare una connessione Internet, di qualsiasi tipo essa sia, ha poco senso continuare a trattare quello del digital divide come un semplice problema di accesso.
Un digital divide spesso discriminante perché un reddito più alto e una grado di educazione superiore garantiscono un più ampio e più vario accesso alla Rete e alle sue applicazioni. È ovvio osservare che anche le persone che vivono nei centri urbani più sviluppati hanno un migliore accesso alle tecnologie di Rete di quanto non lo abbiano le popolazioni rurali.
Garantire a tutti un accesso libero e paritario è un dovere degli stati e di chiunque si occupi di Internet governance. Attualmente abbiamo riscontrato che nella scuola e nel sistema educativo odierno, nella maggior parte dei paesi, non si riesce a preparare futuri lavoratori con le giuste competenze digitali, adeguate alle reali esigenze del mercato.
In paesi come la Svezia o la Svizzera, in cui il divario digitale interno ha percentuali minime e l’accesso alla Rete e alle sue applicazioni è più paritario, i cittadini vantano maggiori opportunità lavorative e questo si traduce, spesso, in effetti positivi anche su PIL e reddito nazionale.
Il global digital divide è ancora forte: basti pensare che tre paesi – Cina, Stati Uniti e Giappone – detengono oggi più della metà delle connessioni a banda larga sul totale globale. In Italia e tra gli esperti italiani la soluzione al digital divide è stata interpretata fin qui quasi esclusivamente come obbligo di copertura.
La percentuale di popolazione italiana che ha accesso a Internet sarebbe pari oggi a circa il 69%, una percentuale particolarmente bassa se si considera la media europea dell’81% e che ci sono paesi come la Danimarca in cui si raggiunge il 95% di cittadini connessi. Altri indicatori, invece, sembrano suggerire una condizione di divario digitale interno al Paese che non si configura solo come problema d’accesso: appena il 44% degli utenti italiani, infatti, farebbe abitualmente shopping online e solo il 43% sfrutterebbe le opportunità che provengono dall’home banking. Secondo un indagine ISTAT del 2019, il 34% delle famiglie italiane non possiede un computer o un tablet, mentre poco più di una famiglia italiana su cinque ha a disposizione almeno un device digitale per componente.
Questa mancanza fisica di computer, tablet o altri device tech nelle case degli italiani non può non allertare quando si tratta di coronavirus e digital divide, dal momento che potrebbe trasformarsi in futuro in una causa di esclusione per una parte non indifferente della popolazione dal processo di ripresa del Paese ed è, già ora, causa di grande disparità.