Buon Natale. Dico al telefono, com’è uso in questi giorni.
“No. Buon Natale proprio no- mi risponde con voce stanca – Con tutti i pensieri che ho, i problemi… E questa atmosfera assurda. Da incubo. Sinceramente vorrei mettermi a dormire la Vigilia. E svegliarmi solo all’Epifania…”
Resto interdetto. Di primo istinto vorrei dire: ma no. Non avvilirti. Non fare così. Passerà. Andrà tutto meglio…
Ma mi fermo. Le parole mi si strozzano in gola. Sono banali. Vuote. Pure convenzioni prive di senso. Meglio tacere…
E poi, sarebbe davvero sbagliato mettersi a dormire per tutte queste, cosiddette, Feste? Che poi, a essere onesti, delle feste non hanno nulla. E stanno diventando un vero incubo.
Quindi… dormire. Per entrare in un lungo sogno. E sfuggire all’incubo.
Come nel Draumkvedet. La leggenda di Olav Åsteson. Che è antica ballata norvegese. E, per altro, perfettamente aderente al Natale.
Una ballata medioevale. Forse del XII /XIII secolo. Ma trasmessa oralmente sino all’800. E quindi, inevitabilmente, molto rimaneggiata. Ma il nucleo essenziale lascia intravvedere addirittura tradizioni più antiche. Che rimandano ai miti e leggende di un Nord profondo, che ancora viveva in quella che gli storici definiscono “la prima età del ferro”.
È la storia di Olav, che si addormenta la Vigilia di Natale. E si ridesta solo all’alba dell’Epifania.
In sé e per sé nulla di particolarmente nuovo. Di “dormienti” sono zeppe leggende e storie di tutti i popoli. Re ed eroi che dormono in misteriose grotte, in attesa che venga l’ora del ritorno. Carlo Magno, Barbarossa, Teodorico … Per tacere dei Sette Dormienti di Efeso. Venerati come Santi dalla Chiesa Ortodossa, e profondamente radicati anche nella cultura tedesca. Una leggenda che ritorna anche nella Coranica Sura della Caverna…

E poi più plebei dormiglioni. Che si ridestano dopo lustri. E visitano un mondo completamente mutato… Pretesto per narrazioni sospese tra la fiaba e la satira. Il nostro Carlo Lorenzini, proprio il Collodi di Pinocchio, ne trasse una sua versione tutta toscana. Vivacissima i felice.
Ma la storia di Olav è particolare. Tanto particolare da impressionare Rudolf Steiner quando ne venne a conoscenza durante un ciclo di conferenze che stava tenendo proprio in Norvegia. E ne parlò, ovviamente. Delineandone gli aspetti esoterici che tralucevano dietro alla narrazione fiabesca…. Merita di leggere quanto disse.
Ma io mi fermo al racconto leggendario. Alla ballata popolare.
Olav dorme, certo. Ma dorme durante le dodici notti da Natale all’Epifania. Che sono, per antonomasia, le Dodici Notti Magiche. E in queste notti sogna. O, più esattamente, compie in sogno uno straordinario viaggio.
Parte da un luogo favoloso, un campo di rovi e pruni, ove arde un grande fuoco nero. E poi visita l’Inferno, sino nei suoi, più remoti, abissi. E ascende per il Purgatorio, sino alla luce di Paradiso…
Ricorda un bel po’ il nostro Dante, vero? Solo che il Viaggio del Poeta avviene “sensibilmente”. Da desto. E si svolge in prossimità della Pasqua…
Ma il sogno di Olav affonda le sue radici non solo nella tradizione, ben radicata, delle Visioni ultramondane, come la Navigatio dell’irlandese San Brandano, o quelle dei nostri Bonvensin della Riva e Jacomino da Verona… Non è solo una rappresentazione della dottrina cristiana sull’aldilà. È un vero viaggio nei misteri del Cosmo, attraverso le Dodici Notti in cui questi si palesano. Come la luce delle dodici Costellazioni dello Zodiaco.
Un viaggio narrato con l’essenziale semplicità della narrazione popolare. Del racconto accanto al fuoco, mentre fuori imperversa la tormenta e la notte è profonda e buia..
Alquanto ingenuo, certo. Privo di allegorie complesse. Ma proprio per questo…
Ripenso alla voce che mi ha appena detto :”Vorrei dormire da qui all’Epifania”.
Hai ragione. Rispondo. È davvero l’unico modo di viaggiare. Di essere liberi che oggi ci possiamo permettere.
Sognare. E, in fondo, non siamo forse noi fatti della stessa materia dei sogni?