Me lo vedo lì. Davanti a me. Silenzioso nell’ombra. Se ne sta seduto in modo…strano. Con un atteggiamento solenne. Come se fosse abituato a un trono. O ad una sedia curule, da antico magistrato. E non ad una normale poltrona come questa.
“Chi sei?” il volto è parzialmente coperto. Forse un’ombra, forse la tesa di un cappellaccio. Non lo conosco. Eppure…mi dice qualcosa la sua presenza. Mi risuona. Senza però divenire nulla di preciso. Definito.
È una notte estiva. Ma il caldo afoso delle ultime settimane si è spezzato all’improvviso. Un violento temporale. Lampi, tuoni…e finalmente la pioggia. La terra era arida da troppo tempo.
Ho dormito sul divano. Cullato da una frescura ristoratrice. Poi mi sono svegliato. E lo ho trovato lì. Che mi fissa. Con un occhio che sembra brillare. Come brace. Tanto che, per un attimo, ho pensato a Caronte. Agli occhi di bragia…
“Chi sei?” ripeto.
Fa un gesto vago. Con una mano lunga e ossuta. Poi, finalmente…
“Ho molti nomi…” la voce è profonda, da basso. Come il vento che soffia in una gola montana. “Ma stanotte sono solo un fantasma…”
Questo lo so. Ma il fantasma di chi? Non riesco a riconoscerti…
“Non di chi… Piuttosto di che cosa. Io… diciamo che sono il fantasma delle estati passate”
Resto…perplesso.
Ma che? Vieni fuori da un racconto di Dickens? Guarda che sei fuori stagione…mica è Natale…
Sembra sorridere. Un sorriso gelido. Privo di allegria. Ma è solo una sensazione. Continua a restare nella penombra.
“Non esiste solo il Natale, come lo chiamate voi. Tutto l’anno è scandito da Feste. E ogni festa ha i suoi fantasmi. Domani… è ferragosto…”
Lo fisso. E mi sembra, quasi, di precipitare in quell’unico occhio. In quell’orbita che mi sembra…vuota… un abisso di oscurità.
E rivedo i pranzi di Ferragosto. Mia madre che preparava il vitello tonnato. Fettine sottili. E una salsa che mi faceva impazzire. Densa. Gustosa. E lasciava che la carne vi macerasse per tutta la notte. In modo da impegnarsi di sapore. E poi la sua, straordinaria Insalata preziosa. Riso brasato al forno. Gamberetti, salmone, lingua salmistrata. Piselli freschi e una spruzzata di vodka. Alla fine una abbondante spolverata di caviale nero. Che, poi, si usavano le uova di lompo, ché il caviale, quello vero, è sempre stato proibitivo…
E i ferragosto trascorsi al mare. Da ragazzo. I fuochi in spiaggia. Musica di chitarre. Chissà come si chiamava quella ragazzina… Non la rividi più dopo quella notte…
E in montagna, soprattutto. Ne ricordo in particolare uno. A San Vito di Cadore. Faceva freddo. Un freddo pungente, già autunnale. E la cima dell’Antelao era già imbiancata. Ma il cielo notturno era di un terso… Mai vista una serenata simile in tutta la mia vita. Potevi contemplare la Via Lattea. Un pulviscolo di stelle argentate. Come una strada che conduce verso il più alto, e segreto dei cieli. Una strada irregolare. Come uno sbocco di latte. Quello della capra Amaltea, sfuggito dalle labbra del piccolo Zeus. Mentre i Coribanti battevano ossessivamente sugli scudi, per ingannare Kronos. Il tempo che fugge e tutto divora…
E poi i ferragosto in città. In un caldo afoso. In un piccolo gruppo di amici. Gettati sulle sedie del Bar Sport, in Piazza. A ingannare, anche noi, il tempo. O a correre in motorino sino ai Pirati. Che dava sulla laguna, e dove spirava un pelo d’aria.. Rivedo quei volti giovani. Alcuni, Sandro, Alessio…non sono più. Altri perduti, ormai, nella vita. Pochi, oggi diversi. Segnati dagli anni. Come il mio, quando mi guardo allo specchio per rifinire la barba.
E ricordo quei discorsi. Fatti di sogni e di nulla. Su ciò che avremmo fatto. Sul nostro destino… Sulla metafisica e sulle donne…
Ricordo….per un po’. Non so quanto duri questo viaggio nel passato. Poi, torno al fantasma.
E allora? – gli dico – Non sono brutti ricordi. Sono solo ricordi. Niente di che. Niente di particolare…
Il suo occhio, per un attimo, brilla. Forse un riflesso di questa grande Luna d’agosto nella notte. Resa limpida dal temporale.
“Non ho detto che dovessero essere altro” la voce è come un sibilo del vento. ” Sono solo ricordi. Vuoti. Ricordi di giorni non memorabili. Giorni perduti. E privi, forse, d’ogni senso…”
Vorrei fargli una domanda. Ma il gesto della mano si fa imperioso. E taccio.
“Anche questo, anche io sono, in fondo, solo un sogno. O un vuoto.”
Si alza. Sembra avvolto in un grande mantello. Indistinto nella Tenebra.
Ma perché sei venuto da me?
“Ero nella tempesta – sembra stringersi nelle spalle – poi vi è stato un momento di quiete. E ti ho visto. Era un po’ che non ci incontravamo…”
Ma noi non ci siamo mai incontrati prima….
Si gira di tre quarti.
“Oh si…prima o poi ricorderai. Vedrai..” si avvicina alla porta finestra del terrazzino…
“Buon ferragosto”
E svanisce nella luce sanguigna che annuncia l’alba.