Vi è un fantasma che aleggia sulla Guerra di Gaza. Non, però, il fantasma di uno dei tanti, troppi morti che questo conflitto sta causando ogni giorno. È il fantasma di un vivente… Che non può, ancora, apparire. Perché segregato.
Marwān Barghuthi. Che sta scontando oltre cinque ergastoli nelle carceri israeliane. Il duro di Al Fatah, che ha dato filo da torcere agli israeliani con le sue Brigate Al Aqsa. E che, inizialmente, aveva sostenuto gli accordi di Oslo, il sogno dei due popoli in due stati, ma, poi, deluso, era diventato la testa pensante della Seconda Intifada.
Per gli israeliani, una vera bestia nera. Anche se, più volte, qualcuno, nel mondo politico di Tel Aviv, ha proposto la grazia per il leader palestinese. Inutilmente, visto che per il governo Nethanyau resta un nemico. E un nemico estremamente pericoloso, viste le sue capacità strategiche e politiche. Nonché la presa che ha sulle masse palestinesi.
Però è con lui che, ora, gli israeliani dovranno decidersi a trattare. Perché Barghuthi è un nemico. Ma non è Hamas. Anzi, è, probabilmente, l’unico comandante palestinese in grado di contrastare il movimento islamico jihadista. Con il quale, chiaramente, ogni trattativa appare mera utopia. Semplicemente impossibile.
Israele ha ben poche alternative, se vuole uscire dalla crisi di Gaza.
Lasciando perdere i deliri di un ministro sull’utilizzo dell’atomica, le opzioni restano tre.
Annientare i palestinesi di Gaza. Un’operazione di dubbia fattibilità. Lunga, dispendiosa, sanguinosa. Che rischierebbe di provocare una guerra di dimensioni molto più vaste. E di alienare ad Israele il, già scarso, sostegno internazionale.
Neutralizzare la Striscia, sospingendo la grande maggioranza degli abitanti verso il Sinai. Ipotesi cui si oppone fermamente l’Egitto di Al-Sisi. Con ottime ragioni.
Infine, far sì che a Gaza si riaffermi l’Autorità Palestinese. E che questa elimini la minaccia di Hamas. La scelta migliore, senza dubbio. Cui però osta un grosso problema.
La mancanza di una leadership forte un quella che era la vecchia OLP. Abu Mazen è sempre stato un leader debole e scialbo. Ora che ha passato gli ottant’anni stenta a controllare la Cisgiordania, dove Hamas sta espandendo la sua influenza.
Washington sembra voler puntare su di lui. E anche ad Israele andrebbe bene. Un vicino debole, accomodante…
Tuttavia pensare che Abu Mazen riconquisti Gaza, e riesca, poi, a mantenerne il controllo, e più che illusorio. È stupido.
Abu Mazen e i suoi difficilmente potranno riuscire a controllare ancora la Cisgiordania. Dove Hamas sta sempre più prendendo piede. E ottenendo l’appoggio della popolazione.
Riconquistare Gaza?
Ammesso e non concesso che gli israeliani riescano a bonificare la Striscia, e la consegnino all’Autorità Palestinese, quanto potrebbe durare?
L’unica possibilità è liberare Barghuthi. E trovare un accordo con lui. A capo delle forze di Al Fatah e con le sue Brigate Al Aqsa, è l’unico capace di tenere testa ad Hamas. Ed è anche un leader politico che la maggioranza dei palestinesi sarebbe disposta a seguire.
Però Israele esita. Perché il prezzo da pagare sarebbe molto alto. Barghuthi vuole lo smantellamento delle colonie in Cisgiordania. Ed è stato proprio per questo che ha rotto con gli accordi di Oslo. Accusando Israele di non rispettarli.
Un prezzo altissimo per Nethanyau. Che ha sempre sostenuto la parte dei coloni, e per questo viene fortemente criticato nel paese.
Però, piaccia o meno, Barghuthi, l’acerrimo nemico, rappresenta l’unica soluzione.