Chi scrive più lettere al giorno d’oggi? Si intende quelle lettere vergate a mano, usando la penna e la carta apposita, quella che si comprava in cartoleria con le buste allegate. Una forma di comunicazione che solo coloro che si definiscono “diversamente giovani” ricordano di aver usato; un metodo per mettersi in contatto con altri che presupponeva riflessione, padronanza della lingua, un minimo di cultura e di educazione; e poi l’acquisto del francobollo, la ricerca di una buca delle lettere e, soprattutto, la pazienza nell’attendere la risposta. Di quelle lettere si conservavano le minute e le risposte, raccolte con amore in cassetti più o meno segreti, lontani dalla curiosità altrui, che con il passare degli anni diventavano un piccolo tesoro del tempo andato da rileggere di tanto in tanto con nostalgia.
Uno spaccato sincero di quel mondo si può ritrovare, oltre che in un numero considerevole di romanzi che son divenuti classici, nell’ultimo libro di Yukio Mishima pubblicato a gennaio dalla casa editrice Feltrinelli: vale a dire “In Punta di Penna – Ovvero come scrivere una lettera” (pp.176, €16,50).
Cinque personaggi, due giovani ventenni, due intorno ai quarant’anni e un venticinquenne “grasso come una palla e per questo di una spensieratezza rara”, ruotano intorno a Köry Mamako, (uno dei due meno giovani) che ha messo a frutto la sua conoscenza dell’inglese per mettere su una scuola di lingue alla quale si sono avvicinati a diverso titolo gli altri personaggi. La sua mania di scrivere lettere a chiunque e in grande quantità, coinvolge gli altri soggetti in uno scambio serrato di pettegolezzi, storie personali, passioni più o meno confessabili. Ne scaturisce una storia al limite tra il grottesco e il tragico che coinvolge il lettore in una serrata sarabanda di vicende quotidiane che coinvolgono i cinque personaggi, spesso a loro insaputa. Nel senso che a volte le lettere di uno vengono fatte leggere a un altro senza che il primo ne sappia nulla; ma visto che i pettegolezzi, come le bugie, hanno le gambe corte, tutti, alla fine vengono a sapere tutto creando un intreccio spesso comico e sicuramente divertente per il lettore.
Non tragga in inganno il sottotitolo del libro: non si tratta di un esercizio di stile dell’autore, ma di un vero e proprio romanzo epistolare che valeva assolutamente la pena di pubblicare per la prima volta in Italia.
È infatti noto che l’autore si uccise nel 1970, con il suicidio rituale del seppuku, per protestare contro il decadimento dei valori militari e civili del Giappone. Pertanto il testo fu pubblicato per la prima volta in Giappone nel 1966, quando e-mail e messaggini erano del tutto sconosciuti, e lo scambio di lettere era pratica abituale per tutte le persone dotate di una media cultura.
Il libro fa seguito all’intenzione della casa editrice, che da sempre detiene i diritti di traduzione e pubblicazione di Mishima per l’Italia, di svelare a chi – come noi – ha qualche difficoltà a leggere i testi in lingua originale giapponese, di conoscere anche le opere “minori” di questo grandissimo autore: da Confessioni di una Maschera, a Il Sapore della Gloria, senza trascurare Sole e Acciaio e La Via del Samurai. Giusto per rendersi conto che la grandezza di Mishima si esprimeva non solo nelle opere alte ma anche in quei romanzi brevi che non disdegnava di scrivere per riviste popolari, non ultimo Playboy.