Mentre il terrorismo mediatico italiano è già impegnato a chiarire che gli arresti domiciliari proseguiranno anche dopo Pasqua, il Financial Times disegna il futuro delle città post pandemia. Perché il resto del mondo, a differenza di Speranza e degli esperti a gettone, crede nel futuro. Anche se quello annunciato dal quotidiano inglese appare eccessivamente roseo e difficilmente applicabile alla situazione italiana.

Il FT non prevede il ripopolamento delle aree periferiche, il ritorno ad una dimensione di paese, il recupero del villaggio. Sia perché la realtà inglese è diversa da quella italiana sia perché le amministrazioni locali della Penisola (e delle Isole) non hanno fatto assolutamente nulla per attrarre nuovi insediamenti abitativi. Anzi, se possibile hanno fatto di tutto per evitare il ripopolamento.
Dunque il futuro si gioca nelle città, una “città in 15 minuti”, con un ruolo strategico per i quartieri. Non più la ricerca di un posto in centro città, ma la riqualificazione delle periferie e delle zone semicentrali. In Italia la proposta, emersa dalla Sorbona, è stata rilanciata da Beppe Sala, pessimo sindaco di Milano ma intelligente comunicatore. Ogni quartiere autosufficiente, o quasi. In fondo era una delle accuse rivolte ai bogianen torinesi, che nascevano in un quartiere, lavoravano sotto casa e si sposavano senza spostarsi dalla strada natia.
Il centro città rimarrebbe come immagine per le attività che di immagine hanno bisogno. Uffici più piccoli, perché il lavoro in presenza si alternerà con quello prevalente, in smartworking. Ed anche i negozi dovranno cambiare radicalmente poiché la concorrenza di Amazon & C diverrà sempre più agguerrita.

Da qui in poi, però, emergono le peculiarità italiane. E non sono entusiasmanti. Perché gli inglesi danno per scontato che i lavoratori in smartworking, non potendo lavorare proficuamente dalla cucina di casa, si ritroveranno in coworking di quartiere, finanziati dai datori di lavoro. In Italia fa già ridere l’idea di chiedere contributi ad imprenditori dal braccino corto e dalla lamentela facile. In secondo luogo FT ritiene che le periferie saranno riqualificate dalle presenze continue sul territorio. In Italia i residenti denunciano senza sosta spacciatori, ricettatori, sfruttatori, violenti di ogni risma. Nella totale indifferenza della magistratura.
E poi gli inglesi scommettono sul boom di bar e ristoranti come luogo di incontro e di socializzazione in ogni quartiere. Perché le idee, a partire da quelle relative al lavoro, si confrontano meglio a tavola. Verissimo, ma con gli stipendi italiani il massimo che ci si può concedere è un panino al volo in un bar rumoroso. Non proprio l’ideale per un proficuo confronto e neppure per socializzare.

Però non si può archiviare l’analisi del Financial Times ritenendola un bel sogno. Perché altrove diventerà realtà, rendendo l’Italia sempre meno competitiva, sempre più marginale, sempre più invivibile.