“Ho sbagliato funerale” mi dice P., e fissa, con sguardo attonito, il bicchiere.
Restiamo un attimo in silenzio. Poi scoppia una risata…omerica. Tutti, nel locale, si girano a guardarci.
Abbiamo le lacrime agli occhi, e ci manca quasi il respiro.
Come hai sbagliato ? gli chiedo, appena ripreso fiato.
“Ecco, avevo letto una epigrafe. Un cognome ben noto. E credevo fosse la madre di un mio vecchio amico. Che non vedevo da tempo. Allora sono andato al funerale…mi sembrava giusto. Quando è morto mio padre, sono venuti in tanti. E, beh, mi ha fatto piacere …”
Un momento di silenzio. Continua a guardare il bicchiere. Pieno. Sembra incerto se bere.
“Poi, lì, non vedevo il mio amico. Né altri che mi aspettavo di incontrare. Ma c’era molta gente. E così ho parlato con qualcuno. Mentre si aspettava il feretro”.
Non mi dire che hai parlato della defunta e delle sue virtù….
Scuote il capo. Sconsolato.
“Già…ho anche rievocato alcuni episodi della sua vita che ricordavo…si fa così ai funerali, no?”
A questo punto D. e R. quasi cadono dalle panche del Cavalletto. Il locale dove spesso pranziamo. Anche Gabri, il propietario, è letteralmente piegato in due sul bancone del bar…
E poi?
A questo punto si decide. Prende il bicchiere e ne tracanna quasi metà.
“Beh, dopo quasi tre quarti d’ora, mi è venuto un dubbio. E ho telefonato al mio amico. Al figlio. Senti, gli ho detto, sono venuto al funerale di tua mamma. Volevo farti le mie condoglianze…”
E lui?
Svuota del tutto il bicchiere.
“Lui mi ha risposto: Grazie, ma mia mamma è morta vent’anni fa….”
E qui mi fermo. Perché quello che è successo al nostro tavolo…. non si può descrivere. Ci sarebbe voluta una cinepresa.
Però il mio amico P. dovrebbe consolarsi. Perché nel commettere un tale… errore, non è solo. Anzi, si trova in illustre compagnia.
Sai, gli dico, appunto per consolarlo, anche Freud sbagliò funerale. E quel che è peggio, proprio il funerale di suo padre…
Mi guarda con fare interrogativo. Continuo.
Già… al cimitero di Vienna, seguì un altro feretro. E se ne rese conto solo quando, ormai, suo padre era stato tumulato in un altro luogo del camposanto…
P., a questo punto, ordina un altro giro di bollicine…continuo.
Proprio da questo episodio Freud dedusse di aver sempre covato una forma di sordo rancore nei confronti del padre. Che lo faceva sentire debole, inetto. Malato. Uno dei primi passi nella formulazione del, famigerato, complesso di Edipo…..
“Quello che voleva farsi sua madre, sto porco…” commenta un tizio seduto al tavolo vicino. Beve Marzemino e non si perde una parola dei nostri discorsi. Meglio del teatro, commenterà poi.
Beh, è un po’ più complesso, ma in breve, proprio lui…
Comunque Svevo, Italo Svevo, riprese proprio questo episodio nel suo romanzo più importante. “La coscienza di Zeno”. Dove il protagonista deve andare al funerale dell’amico e socio Guido Spaier. Che si è suicidato, ma segue il funerale sbagliato. E Ada, Ada Malfenti la moglie di Guido, e cognata di Zeno che di lei è stato sempre innamorato… Ada non gli perdonerà mai questo… errore. Che poi tanto errore non era… perché l’inconscio di Zeno non voleva seguire il feretro dell’anico e rivale….
R. si mette di nuovo a ridere. Scuotendo i riccioli biondi .
“Te vedi ? Non hai sbagliato tu… è colpa dell’inconscio…”
P. fa una smorfia. Una sorta di mezzo sorriso.
“Mah…credo piuttosto che sia stata colpa del Traminer. Il bianco fermo mi ha sempre fatto brutti scherzi…”