Le guide enogastronomiche rappresentano, spesso, poco più di un gioco. Sono troppo legate al giudizio di un singolo per poter essere davvero oggettive. E sono immancabilmente fonte di discussioni, polemiche, proteste da parte di chi si sente ingiustamente escluso o maltrattato.
Però qualche indicazione di massima, di tendenza, la forniscono. Così nell’arco di pochi giorni il Gambero Rosso ha presentato, a Torino, due diverse guide: la prima dedicata ai migliori panettieri d’Italia e la seconda (si è scelto Da Zero&Friends come locale dove incontrare i giornalisti) con le indicazioni sulle migliori pizzerie.
E la prima indicazione è che il rapporto il Gambero Rosso ha bocciato la Valle d’Aosta sia per la produzione di pane sia per le pizzerie (mentre trionfa, ma era scontato, la Campania). Pochissimi i locali consigliati in entrambe le guide. E se per la panificazione non brillavano neppure Liguria e Sardegna, le due regioni possono comunque vantare qualche pizzeria in più nella nuova guida.
Pare quasi che essere località turistica inviti alla sciatteria, allo scarso impegno. E questo spiegherebbe perché Venezia ha un solo locale segnalato. Ma con una differenza fondamentale: il resto del Veneto, compresa la Venezia di terraferma (Mestre e Marghera), abbonda di pizzerie di qualità, i paesi valdostani fuori dal circuito turistico non figurano proprio (anche se le pizzerie non mancano, non è una scelta a favore delle trattorie tipiche). Quanto alla Liguria, la quasi totalità dei locali segnalati si concentra a Genova. E di nuovo il dubbio è che accogliere i turisti significhi offrire un basso livello di cucina e di servizio. D’altronde anche in Sardegna prevalgono i locali di Cagliari e Sassari, con poche eccezioni nei paesi turistici.
In fondo è più omogeneo il comportamento valdostano: che si tratti di pane o di pizza, il livello è basso per indigeni e per turisti. Perché è difficile credere che il Gambero Rosso abbia scatenato una guerra immotivata contro la Vallée.