Camminando nell’alba. Un’alba particolarmente fredda, oggi. I vecchi del paese dicono che la prossima notte, con ogni probabilità cadrà un po’ di neve. Poca roba, però…e le previsioni del Meteo sembrano dare loro ragione.
Però all’alba il cielo è terso ancora. E mentre accompagno mio figlio a scuola, distinguo chiaramente le vette del Brenta soffuse dall’aurora. Sembrano un, immenso, giardino di rose.
E mi viene in mente Re Laurino. È un’antica leggenda che, come si suol dire, si perde nella notte dei tempi. Difficile infatti ipotizzare a quando possa risalire. Senza alcuna prova, penso che sia la trasformazione in forma fiabesca e popolare di un corpus mitico. Quello delle genti reto-venetiche che in età protostorica discesero per queste valli. Per poi popolare le terre del Nord Est. Contendendole ai Galli.
Comunque, la storia di Re Laurino ruota, nelle sue diverse (spesso molto diverse) versioni, intorno al Catinaccio. Che, in tedesco, ha nome Rosengarten. Il giardino delle rose. Dicono una spiegazione fantasiosa del fenomeno per cui le rocce, all’alba e al tramonto, si tingono di un colore rosa intenso. Come vi fosse un grande giardino invisibile di giorno e di notte. Ma che, nei momenti di transazione tra luce e tenebra, si rivela magicamente. Nel suo pieno splendore.
In realtà non è un fenomeno confinato al Catinaccio. Un po’ tutte le Dolomiti si tingono di rosa. Effetto della rifrazione della luce su quelle rocce, che, usualmente, appaiono pallide.
E infatti qui le Dolomiti del Brenta, per un breve momento, mi sono apparse come un giardino di rose. Fugace. E, quindi, segreto.
La rosa e il roseto sono simboli profondamente radicati nella cultura del nostro Medioevo. Ed alludono, sempre, al tema D’Amore. E alla Donna. Che è vista nel giardino. Luogo proibito, come quello delle Esperidi. Non a caso l’ultima fatica di Eracle. Quella che prelude all’immortalità.
Del giardino delle rose parla il, famoso, “Roman de la rose” attribuito, per lo più, a Guillaume de Lorris. Che ebbe una, libera, traduzione nel fiorentino “Il fiore”. Secondo il Contini, opera di un giovane Dante…
E poi c’è la “Rosa fresca aulentissima” di Cielo d’Alcamo…. senza dimenticare il giardino dell’Eden sulla cima del Purgatorio dantesco…
Entrare nel giardino. Cogliere la rosa. Metafora della conquista dell’amata. E, non a caso, la bella figlia di Laurino, Ladina, viene rapita da un principe innamorato che è riuscito a penetrare nel giardino…
Suggestioni letterarie. Allegorie e simboli. Leggende e miti…. favole, anche.
Però, mentre guardo le cime innevate, da cui, ormai, è svanito ogni alone rosato, provo un senso di… struggimento. E mi prende la malinconia.
Il giardino delle rose, il giardino incantato era qui. Per davvero. E vi si poteva entrare. E vivere… felici.
Ma ora… dovrò cercare di cogliere meglio l’attimo. Alla prossima aurora.