Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, protesta perché le aziende non possono licenziare. Il presidente del Messico firma un accordo con Trump per portare ad un minimo di 16 dollari all’ora il salario minimo nelle aziende che producono auto. Sono due modi opposti di affrontare la crisi. E il modello italiano è sempre lo stesso: tagliare, tagliare, tagliare.
Le prospettive, per l’autunno, sono disastrose. Centinaia di migliaia di posti di lavoro cancellati. Nonostante la montagna di denaro messa in campo dal governo e quella in arrivo dall’Europa. Montagna di denaro? Promessa, indubbiamente dal lìder minimo e da Gualtieri, ma arrivata a chi? E quella assicurata da Bruxelles, quando arriverà?
Il presidente di Confindustria è pronto a scaricare sui conti pubblici un esercito di nuovi disoccupati. Che andranno ad intaccare in anticipo i fondi europei, sottraendo risorse al rilancio. Perché i nuovi disoccupati dovranno essere mantenuti, con un reddito minimo che frenerà ulteriormente i consumi. Bonomi propone corsi di formazione, a carico dello Stato ça va sans dire, per preparare i disoccupati ai lavori del futuro. Quel futuro che ci sarebbe se gli imprenditori non fossero fermi ai padroni delle ferriere e si degnassero di investire per competere a livello mondiale.
Ma Bonomi è anche giustificato dall’atteggiamento del Governo degli Incapaci. Impegnati a seminare nuovo terrore per la seconda ondata del Covid che impone lo stato di emergenza per permettere agli Incapaci di continuare a governare. E con il terrore diventa impossibile fare impresa, in qualsiasi settore. Far funzionare le fabbriche e produrre per chi? Chiudere di nuovo bar e ristoranti, abbassare di nuovo le saracinesche dei negozi non alimentari, solo per giustificare la sopravvivenza degli Incapaci?
La macelleria sociale è l’unica prospettiva. Ma porterà alla distruzione totale del sistema economico italiano. E se Bonomi non vuole accettare la situazione, è ora che proponga un patto del lavoro tra imprese e lavoratori, ma obbligando le imprese a rispettare i dipendenti ed a non trattarli come numeri da tagliare o come oggetti intercambiabili.