Nel 1555, la vituperatissima pace di Augusta sancì quali paesi, in Europa, si dovessero considerare cattolici e quali protestanti. Più o meno da allora, il nostro continente è diviso da una frastagliata linea di demarcazione tra le due religioni: diciamo, così a spanne, che il Nordeuropa è protestante e il sud cattolico, tanto per capirci.
Questo, sedimentandosi nei secoli, ha comportato il formarsi di due diverse mentalità: due sentimenti delle cose, due Weltanschauung.
L’Italia, a sua volta, pur rimanendo tutta quanta nell’ambito di Santa Romana Chiesa, ha sviluppato, nel tempo, due visioni della società, della famiglia, dello Stato, che ricordano da presso quel solco tracciato cinque secoli orsono. Il Nord, più vicino a certa sobrietà, financo eccessiva, predicata da Lutero, ha un culto quasi idolatra delle regole, mentre il Sud, spagnolescamente cattolico, tende a considerare con maggiore indulgenza le infrazioni, che vede come peccati veniali più che come reati. Dico in generale, eh: nessuno si senta direttamente chiamato in causa!
Comunque sia, questa discrepanza nel modo di valutare la legge, qualunque legge, oggi sta venendo a galla e temo che ci procurerà non pochi problemi. Un ministro, anzi, il più improbabile dei ministri, quello “per il Sud”, che sembrerebbe una battuta da avanspettacolo, se non fosse realtà, ha detto tra i molteplici suoi memorabili apoftegmi, che bisogna tutelare, nella terribile crisi derivante dal covid19, anche i milioni di lavoratori in nero. E, qui, entrano in collisione le due visioni, quella cattolica e quella luterana. perché, da un punto di vista, diciamo così, “tengofamiglista”, è verissimo che i lavoratori in nero, il cui numero al Sud è legione, al di là del reddito di cittadinanza, non hanno il becco di un quattrino, e rischiano la fame. E la fame gioca brutti scherzi.
Allo stesso tempo, per i rigorosi luterani del Nord, uno che non ha mai versato il becco di un quattrino all’erario, ben difficilmente dovrebbe poter usufruire dell’assistenza e dei servizi che lo Stato finanzia proprio con le imposte. In altre parole, il ministro e quelli che ragionano come lui, si preoccupano del dato sociale, mentre, qui dalle mie parti, si bada di più a quello legale o, meglio, legalitario. Che, poi, in parole povere, vuol dire che i luterani nordici pensano, in pretto partenopeo: cca’ nisciun’è ffesso!
La questione non è di poco conto e appare di drammatica impellenza: tra qualche giorno, lo Stato si troverà nella necessità di dirci se intende rischiare una rivolta degli invisibili o se preferisce tirare uno schiaffone ai milioni di Italiani che hanno sempre pagato le tasse e rispettato le regole. Non si tratta solo di un confronto ideologico o religioso, ma del rischio reale di una spaccatura netta tra due italie: di una nuova pace di Augusta. E mi duole ricordarvi che, proprio l’infelice formula augustana del “cuius regio eius religio” ha generato, sessant’anni dopo la firma del trattato, la più terribile guerra dell’evo moderno. Quella dei trent’anni.